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Tre rintocchi di campana

Ore 14.30. Mi avvio in bicicletta a fare la spesa. E’ la prima volta dall’inizio di marzo, quando in auto con mio figlio Davide si andava all’MD in fondo a via Crescini, verso l’amato argine. Sola, munita di mascherina e guanti protettivi, incontro pochissima gente, come me, travestita. Temo di non riuscire a tenere tutto sotto controllo: mascherina bene appoggiata tra naso e bocca, guanti, occhiali, lista delle cose da prendere. Parcheggio la bici fuori dal Discount, la chiudo. Entro e mi dirigo verso i corridoi dove sono disposti gli alimenti. “E’ facile, tutto troppo facile”, mi dico. “Cosa mi aspetterà tra poco?” E’ come se questa situazione inedita mi avesse resa più vulnerabile. Quando esco dal Discount, con due borse di rifornimenti, preferisco dare il primo posto a loro; io a piedi e non “in sella”, cammino piano verso casa, ed è un andare lento e bellissimo. Non sento il disagio della mascherina, né dei guanti, né il peso delle borse adagiate nei cestini avanti e dietro il mio veicolo di sempre, che rendono il passo meno veloce. Andare piano, sentire il sole del primo pomeriggio forte sul poco di pelle esposta all’aria. Fino a quando d’un tratto, ecco tre rintocchi di campana che mi fanno pensare  al tempo scandito come non mi accorgevo da parecchio. E MI DICO CHE è BELLO ESSERE TORNATA AD USCIRE . CHE LA VITA E’ BELLA!

Marina

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