Di Lisa Manno Sforza
11 giugno 1920 nasceva Vittorio Manno.
Oggi avrebbe compiuto 100 anni
Era mio padre e siccome non era né un regista né un famoso attore ma semplicemente un professore di filosofia, consulente aziendale e filosofo, pochi lo conoscevano e nessuno lo celebra, con il proliferare in rete e sui giornali delle celebrazioni di suoi coetanei famosi mi son detta che voglio celebrarlo io.
Credo di doverglielo, proprio io figlia ribelle che a causa dei contrasti “silenziosi” lo detestava al punto da scappare di casa al compimento della maggiore età.
Senza affrontarlo e senza prepararlo, chè non ci si parlava quasi ma solamente lasciandogli un biglietto sulla scrivania in cui lo informavo con rabbia e risentimento del mio gesto.
Un gesto che dette una svolta fondamentale alla mia vita e le conseguenze del quale allora furono inimmaginabili, non prevedibili e non soppesate.
Ora che sono diventata adulta a mia volta, mi rendo conto del dispiacere e della gravità del mio gesto e della sofferenza in cui gettai tutta la famiglia.
Non c’era possibilità allora di interlocutorio e di obiezione in famiglia, bisognava ubbidire, non si discutevano le decisioni e dictat, si ubbidiva e basta, non era prevista alternativa.
Si era laureato in Filosofia a Bari, era pugliese infatti, e tra i suoi docenti c’era stato anche Aldo Moro, poco più vecchio di lui. Prese la laurea appena in tempo per partire per il fronte della seconda guerra, in Albania e Grecia.
Grande studioso, molto miope e gran camminatore, con il grado di sottotenente di fanteria, sfiancò su e giù per le montagne i suoi soldati e a guerra finita ritornò al suo paese dove nel frattempo suo padre era morto e ritrovò la madre vedova e una sorella nubile di cui farsi carico.
Il resto dei fratelli e sorelle erano appena emigrati a Milano e un altro fratello era rimasto in Libia chè aveva deciso per la carriera militare nei Bersaglieri.
Ritornando a casa in treno attraversò il Tavoliere delle Puglie che non aveva mai prima di allora visto e ne conservò un’immagine nitida e stupefatta, per la bellezza delle spighe e dei papaveri e del paesaggio incontaminato, nonostante gli anni di guerra, conserverà sempre nella mente quell’ immagine che gli farà amare la pittura degli impressionisti.
Pochi mesi dopo rivide mia madre, sua ex compagna di liceo a Barletta, e dopo poco si sposarono.
L’anno dopo arrivai io, ci trasferimmo a Salerno e poi negli anni 60 raggiunse il resto dei fratelli a Milano.
Lui fu un emigrato “intellettuale”, non fu un terrone, non coltivò la terra ma studiò sempre, suo padre era un musicista, direttore d’orchestra che era stato collega al conservatorio di Napoli di Umberto Giordano. Un idealista, suonava piano e violino e faceva l’insegnante, dei figli non si occupava, se ne preoccupava la moglie. Sua madre era figlia di un proprietario terriero e aveva vigne e campagne e mezzadri da gestire per far quadrare i conti e una famiglia di sette figli da sfamare tutti i giorni.
Negli anni 60 diede coraggiosamente una svolta alla sua e nostra vita e si trasferì cambiando mestiere, diventando l’alter ego e il consigliere di un importante imprenditore milanese.
Al paese nessuno ritornò più, solo dopo molti anni quando tutti furono in pensione, i fratelli maschi fecero ogni anno una rimpatriata ma ormai li non c’era quasi più nessuno della loro generazione e dopo un po’ smisero di andarci.
Un uomo coraggioso e studioso che, anche se allora fu odiato per averci sradicato, con il senno e le considerazioni del poi, ci fece fare un salto di qualità, ci dette delle opportunità di crescita e di evoluzione che la nostra vita non avrebbe avuto se fossimo restati al Sud.
Ci fece maturare e ci aprì gli orizzonti.
Me ne resi conto con gli anni e glielo riconosco, anche se da vivo non lo ringraziai, lo faccio adesso con la consapevolezza dell’età matura, con una prospettiva diversa da quella che avevo da giovane e dopo tanto risentimento e a volte odio nei suoi confronti , sento l’affetto e la gratitudine che non gli ho mai dimostrato.
Glieli invio ora per il suo centesimo compleanno, nell’altra dimensione in cui si trova.
E’ stato un uomo importante anche se non celebre e qui io lo celebro.