Di Marina Agostinacchio
Mi manca il viaggio. Quello che dà il tempo di dilatare la mente, di conoscere gente, di esplorare. E’ un atto di volontà dove investo energie, do significato allo spazio che esploro, affronto momenti di difficoltà.
Quello che mi manca dei viaggi – il penultimo a febbraio 2020 a Berlino, l’ultimo in Croazia nel settembre 2021 – è diventare le persone che incontro, le cose che guardo, le strade che cammino. Vivo una simbiosi profonda con il paesaggio, mi abbevero dei linguaggi, risuono di fonemi che pure non mi appartengono. Intercalari, vocali aperte, chiuse, aspirate, tono di voce, quando viaggio attraverso me stessa, divengo ciclicamente me e altro da me.
Ma qui, nella mia città, pur soffrendo la chiusura obbligata, ho potuto sempre prendere le gambe per portarle in luoghi che costeggiano canali. E lì, seppure il percorso era sempre tra due ponti, la differenza la faceva la gente che incrociavo, rara, mai la stessa, le canoe sull’acqua, le case d’affaccio a un liquido muoversi di alberi riflessi nelle trasparenze delle nostre riviere. Attenta ai ciuffi di erba, agli alberi, spogli rivestiti a seconda delle stagioni, agli abissi di cammino che costeggia l’acqua, alla luce delle giornate, ho camminato quasi ogni giorno. Attenta agli odori, dello sterrato, dell’umido dell’erba alta – alcuni tratti sono ombreggiati dalla boscaglia caratteristica degli argini incolti – se incontravo bambini di cortili d’affaccio, o se mi imbattevo in atleti di giornata che facevano esercizio fisico, per stare in forma, su anelli, travi, parallele lungo una via magica, un percorso più verde, parallelo alla stradina, mi caricavo di istantanee di vita portandomi a casa una gioia smisurata. Così, mai persa fuori dal tempo, ho vissuto nel tempo. A volte il tempo si dilata, perdo le coordinate del viaggio, l’ora impiegata nel cammino assume contorni di visioni mentali antiche e inedite. Svegliarmi è un attimo. Basta riconoscere un alberello con una pietra colorata alla sua base, o una scritta che rammenta i km del percorso verso altre località. Questa mattina, l’addetto alle pulizie del piccolo condominio in cui vivo mi ha chiesto, affacciandosi alla finestra della serra, dove la mattina siedo per fare colazione e per leggere, dove farò la vacanza questa estate. Ho risposto che ho già tutto: la magnolia che si affaccia maestosa alla vetrata, le passeggiate sul canale. Ogni giorno saluto il mio cammino già dalla stradina che porta all’argine tutta in salita. E il ritorno è un “addio”, un mettermi nelle mani del giorno dopo, un commiato che ha in sé la promessa di un rito d’innamoramento.