La rubrica del martedì si apre oggi con un racconto di Clelia Moscariello dal titolo “Il vento tiepido di quel Natale”.
Carissima lettrice, carissimo lettore, ecco profilarsi ai tuoi occhi una storia intensa e narrativamente ben costruita .
Buonissima lettura!!!!
Introduzione di Clelia Moscariello
Questo racconto simboleggia un inno e una celebrazione delle cosiddette “piccole cose quotidiane” e della felicità “minimalista”.
La narrazione è incentrata infatti su una situazione, che, d’improvviso, assume una piega inaspettatamente positiva ma questo avviene grazie alla proattività e positività della protagonista della storia che riesce a cogliere l’“attimo”, nonostante tutto.
Il significato e l’esortazione del “Il vento tiepido di quel Natale” sta diventando anche un pizzico la mia personale “filosofia di vita”, perché, a mio avviso, gli antichi non sbagliavano del tutto quando incitavano tramite la penna del grande Orazio al “Carpe diem” e, probabilmente, il senso della nostra esistenza che, a volte, cerchiamo e ricerchiamo ovunque in modo vano e infruttuoso, invece è proprio tutto lì.
Il vento tiepido di quel Natale
Dalla radio di un balcone situato nelle vicinanze arrivava prepotente il ritornello di un brano energico e frizzante, si trattava di “Somebody’s Watching Me” dei Rockwell, era giunta imperterrita e implacabile anche in quell’anno (che, a dire il vero, appariva indisciplinato e quasi scapestrato) la vigilia di Natale, un vento tiepido soffiava forte tra i capelli di Sara e lei accelerava il passo, uscendo da casa e interrogandosi con insistenza e senza sosta alcuna su quali regali avrebbe dovuto fare proprio in quell’occasione festiva ai suoi tre nipotini, pensava proprio questo mentre, continui e a tratti anche molesti, i suoi pensieri correvano veloci e si davano la caccia l’un l’altro, susseguendosi e accavallandosi, poi, infine, spingendosi a vicenda per avere il sopravvento e conquistare la vittoria nella sua, di testa.
Ma Sara questo non poteva saperlo, almeno non coscientemente e, nel frattempo, quel brano energico sembrava le desse proprio la giusta carica, la grinta idonea per allontanarsi e anche in fretta da quel posto maledetto. Così pensava, mentre tentava di simulare una certa calma almeno all’esterno; non sopportava da tempo, infatti, la situazione in quella che era la sua casa, ma che stava mutando nel suo “piccolo inferno” per motivi banali di convivenza che, però, le stavano rendendo davvero impossibile la vita in quel luogo.
Sara era stata convinta per molto tempo che proprio lì lei avrebbe incontrato finalmente la felicità. Si parlava proprio di quella felicità tanto declamata e decantata dalle numerose comparse come dai molteplici personaggi anonimi che avevano affollato già la sua piccola e delicata vita. Talli individui tenevano in modo particolare a raccontarle con aria estatica e a tratti sognante quel sentimento, che forse aveva cambiato la loro stessa prospettiva di vita, o forse, invece no. Descrivevano con dovizia di particolari quella sensazione che era stata, talvolta, soltanto una bella illusione, eppure, sapeva restare estremamente desiderabile, soprattutto, secondo il punto di vista di chi si ostinava a volerla, per forza di cose, raccontare e poi a interpretare a posteriori.
Sara pensò allora a quanto, malgrado, quei personaggi sembrassero poco carismatici e apparissero anche, molte volte, anzi, piuttosto di frequente, a dirla tutta, piuttosto inconcludenti e poco determinanti per le loro stesse vite, avessero la capacità, soprattutto tutti insieme, di rovinare la vita alle persone con le proprie semplici dicerie, calunnie e con dei modi di dire che a nulla servivano, se non a rendere la vita degli stessi meno vuota, a spese, naturalmente, di quella di altri, innocenti e ignari, che prestavano loro ascolto e che, in modo inesorabile si andava impoverendo con la loro di presenza.
E quegli individui poco sinceri e leali le avevano teso anche l’ultimo inganno, l’ultima trappola dell’anno (almeno, Sara sperava che fosse l’ultima dell’anno) rifletté, con grande amarezza e mestizia. Quella gente, in effetti, l’aveva convinta a trasferirsi in quello che ora con nuovi occhi lei stessa avvertiva, sinceramente, come un vero e proprio tugurio e che l’aveva in modo ulteriore allontanata da quella specie di chimera che la gente denomina “felicità”.
Insomma, Sara continuava a camminare a passo spedito e, nel mentre, nella sua testa si affollavano i pensieri, risuonavano anche le ultime parole di quel litigio recente con la sua casa proprio come sfondo. Pensò allora anche a quanto le piacesse in quel preciso momento proprio quel vento forte e caldo che le pareva quasi le carezzasse i suoi capelli forti, quei capelli che non erano affatto come lei, che non possedevano per nulla la sua fragilità e che sembrava non conoscessero per nulla i turbamenti frequenti del suo animo tormentato. La sua chioma infatti era, in modo alquanto singolare e strabiliante, resistente e folta, a dispetto del poco tempo che lei le dedicava e del fatto che alcune volte addirittura la maltrattava. Insomma, la sua chioma contrastava in modo decisivo con quella sua natura mite e a tratti anche indecisa, che tirava fuori a fatica i sentimenti più vitali, tra i quali, per esempio, era compresa anche la rabbia.
Mentre lei si affannava a procedere a grandi passi verso il centro commerciale, per tentare di raggiungere questo prima della chiusura e, malgrado tutto, continuando anche a meditare sui regali eventuali da poter acquistare, anche le sue preoccupazioni con quel vento, sembrava fuggissero via, sempre più lontano, Sara allora pensò d’un tratto illuminandosi tutta, che quel vento tiepido e a tratti anche sconcio e impudico, che le sfiorava il viso e le scompigliava con maleducazione i capelli, riusciva in modo strano, a mettere ordine nei suoi pensieri caotici e dolorosi, insistenti e problematici, fino a quel momento, facendola sentire, d’improvviso, libera.
Le apparse così in modo evidente che la vita forse era proprio così, cioè che tante volte riusciva a essere tutto il contrario di tutto e a tradire i nostri desideri oppure a soddisfarli, a sorpresa e oltrepassando, qualche volta, ogni nostra più ottimistica aspettativa.
Infatti, le venne subito in mente che le risposte le arrivavano spesso proprio quando lei si soffermava meno sui problemi stessi, e anche che tutta l’esistenza sembrava come una combinazione peculiare di imperfezioni e di singolari iniquità che, tutte insieme e di frequente, però, in un modo che aveva quasi del miracoloso, avevano poi la capacità non solo di neutralizzarsi ma anche di armonizzarsi, sommandosi tra loro in modo complesso e semplice al tempo stesso, proprio come faceva la sinfonia di una orchestra diretta da un esperto e talentuoso maestro.
E allora tutto le parve ora quasi irrilevante, tranne quel meraviglioso e piacevole vento che le aveva sistemato intanto i pensieri in testa e tranne pure quel magico Natale, che si sarebbe goduta a tutti i costi, soltanto per osservare curiosa il viso emozionato dei suoi nipotini adorati scartare i doni con l’espressione meravigliata che lei già immaginava sognante e in effetti, solo a pensarci, anche dentro di sé, le parve di sentire già il calore del camino della casa di sua sorella e di vedere tutta la sua famiglia, raccolta ancora una volta attorno a quel promettente abete natalizio.
Clelia Moscariello