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To fall in Love

Non ricordo che giorno fosse, era un giorno feriale, frenetico, ma ricordo la stagione, autunno.

Camminavo frettolosa nelle vie del centro, respirando l’aria livida della città soffocata dallo smog invernale quando, in una vetrina, la scena trasmessa da uno schermo tv gigante ha attirato la mia attenzione.

Due scimmie erano sul limitare di un precipizio e si guardavano.

Una delle due si rivolgeva all’altra e le tendeva la mano, nello sguardo una preghiera silenziosa. Una timida fiducia dilagava nei suoi occhi, velati appena da un’ombra di dubbio o forse era timore. Un istante di esitazione, la scimmietta ha chiuso gli occhi, ha afferrato stretta la mano della compagna (o compagno) e insieme si sono lanciati nel vuoto. Null’altro, la scena finiva lì, per poi ricominciare nuovamente a mostrarci gli attimi cruciali che precedevano il salto.

Mi sono fermata, ipnotizzata, a guardare le due scimmie che si lanciavano nel precipizio con una gioia e una fiducia trepidanti. “Questo è l’amore” ho pensato: un salto nel vuoto. Amare è lasciare la presa, è sradicare i piedi ancorati al suolo, è abbandonarsi al precipizio sconosciuto ed esplorare terre impervie e selvagge, lasciare tutto ciò che siamo stati fino ad ora e permettere ad un’altra identità di nascere e fiorire.

Ma cosa ci attende nel precipizio? Una caduta nel baratro o forse un volo, to fall in love, cadere in amore, dicono gli Inglesi. Un lancio senza trampolino con la fede che incespica nei denti, parole bisbigliate tra labbra aride, rivolte a un dio che mai come ora si è sentito così vicino e sfuggente. Occhi ermeticamente chiusi e orecchie tappate, un lancio nel vuoto… Il contatto, unico senso in allerta, dita che stringono spasmodicamente altre dita, la pelle della mano che scotta mentre tiene freneticamente un’altra mano che forse ci appartiene, o forse abbandonerà la stretta e ci lascerà precipitare da soli. L’amore ci rivelerà il volto spietato degli abissi mentre credevamo di essere al cospetto di Dio.

Oppure l’altra mano ci stringerà più forte, la nostra fiducia è ben riposta, l’ombra greve del tradimento svanita, le due mani unite diventeranno una, pronte per il decollo verso la vetta. Su, sempre più su a sfiorare la luce del sole. Ma le ali non saranno mai abbastanza robuste o abbastanza resistenti e sono sono destinate a bruciare, come quelle di Icaro, forse.

E che dire della fiducia assoluta che riponiamo in un’altra persona quando siamo innamorati, di questo lancio nel vuoto senza reti o paracadute?

Affidarsi ad un altro… ho sempre pensato che il miracolo, la trasmutazione del vile metallo che costituisce il nostro essere non evoluto nell’oro splendente dell’Essere fosse possibile solo insieme, in due non ci si schianta, ci si solleva in volo.

Ma se così non fosse? Basta il mio lancio solitario nell’oscurità per nascere nuova a me stessa? Forse è questo il miracolo dell’amore che, anche quando non è corrisposto, ti cambia. Ti scava gallerie sottopelle, s’insinua nelle viscere, fa emergere la paura e quello che, vergognandoti, celavi a te stessa, tutto il dolore emerge in superficie come acqua che sgorga, dapprima putrida e poi cristallina, capace di plasmarti in una forma nuova e con una forza nuova.

E se è vero che “amor ch’a nullo amato amar perdona” è anche vero che l’amore appartiene sempre a chi ama.

Dunque mi appartiene anche quando non sono riamata.

Daniela Lucchesi

 

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