Il Racconto del Venerdì
Di Federica Sanguigni
Nota di Marina Agostinacchio
Siamo abituati alla scrittura doviziosa di dettagli e analisi introspettiva di Federica Sanguigni a cui oggi ci accostiamo, felici di ritrovarla, attraverso il racconto ricco di dettagli che, come sempre, ci parlano di vicende umane. La parola di Sanguigni è precisa e al contempo metaforica, realistica e onirica, capace di rinviare a uno spazio immaginifico e pur sempre possibile nel suo accadimento.
Ella si annunciava così: un tintinnio di braccialetti che arrivava alle orecchie di Guido prima di quel taglio di capelli un po’ mascolino ma che lo intrigava in maniera pazzesca.
Ogni mattina, seduto al solito tavolino della solita caffetteria (non cambiava le sue abitudini da anni, ormai), mentre gustava il suo nerissimo e amarissimo caffè, Guido osservava la creatura arrivare. Prima erano i suoi braccialetti, appunto. Poi era la volta delle sue gambe (quante acrobazie faceva con quelle gambe, Guido, nelle sue fantasie a occhi aperti), quindi la mano che salutava con un cenno un po’ distratto il barman di turno, e infine la sua testa sbarazzina e sensuale. Immancabilmente, Guido cessava di bere il caffè, si perdeva in quella visione e la accompagnava con lo sguardo fino al tavolino appartato dove, rigorosamente da sola, la creatura si sedeva a gustare il suo cappuccino “pieno di schiuma, mi raccomando”, accompagnato da un soffice croissant con marmellata ai mirtilli.
Guido immaginava di avvicinarsi al suo tavolo, o di farle avere un biglietto su un vassoio (era all’antica, lui, un gentiluomo d’altri tempi), ma il rispetto e la scarsa audacia lo frenavano, rimandando al giorno successivo la coraggiosa azione.
Purtroppo, quel giorno non arrivò. Non per lui, almeno. E quando i braccialetti, tintinnando come sempre, annunciarono l’arrivo della creatura, Guido non era al solito tavolino a bere il suo nerissimo e amarissimo caffè.
Un malore improvviso lo aveva colto mentre, in procinto di uscire per recarsi alla caffetteria, si era guardato allo specchio e si era reso conto che il tempo stava passando e che non ne rimaneva ancora molto davanti a lui. Preso il coraggio a due mani, era tornato indietro, si era seduto alla possente scrivania di mogano, testimone di tanti giorni trascorsi a scrivere le più belle pagine di romanzi divenuti poi best sellers. Aveva preso la stilografica più preziosa per scrivere il suo pensiero più intimo all’affascinante creatura che, di lì a poco, avrebbe ammirato al caffè.
Ma la penna si era bloccata a mezz’aria. Un dolore lancinante lo aveva colto di sorpresa, partendo dal torace e percorrendo tutto il braccio. La stilografica era caduta a terra senza far rumore, attutito dal soffice tappeto.
Nulla, invece, era riuscito a coprire l’assordante tonfo che aveva fatto il cuore di Guido mentre si accasciava sulla poltrona morbida e un po’ consunta. Un cuore che aveva amato in silenzio. Un amore di cui, ormai, restava solo un biglietto immacolato che non era riuscito ad accogliere in tempo le emozioni più segrete di un uomo riservato e discreto.
Un gentiluomo d’altri tempi.
Da alessandriaonline.com
Cultura – Ambiente – Società – Territorio