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LO SCIALLE

Un pomeriggio impegnato a sistemare un antico edificio rurale. Nel fondo di una vecchia gerla, ho ritrovato, fortuitamente – o forse no! – uno scialle, o meglio, un brandello di esso. Polvere e commozione e poi… partono le parole.
In omaggio alle mie antenate contadine – di pianura e di montagna – che tanto hanno lasciato nei miei geni. Invoco da loro il coraggio che non ho… da loro che, scarse di mezzi e sprovviste degli strumenti che ora sono a mia disposizione, furono certamente più forti e più sagge di me.
LO SCIALLE
È uno scialle che cinge le spalle
e s’appoggia sul petto,
pungendo la pelle del collo
È tessuto in un panno grigiastro
un po’ ruvido e stinto,
consunto e in parte sbrecciato
e conserva profumi di anni passati,
stagioni lontane vissute
al canto del fuoco
accanto al camino,
in chiese di umidi geli,
in campi pietrosi, in salita,
nei boschi e al ruscello,
all’oscuro vapore di stalle
intrise d’afrori animali.
È uno scialle di baci negati,
– le donne costrette a celare emozioni
in amplessi affrettati,
‘fattrici’ di bocche affamate,
di braccia smagrite
e di piccole mani sciupate
dai lavori precoci.
È uno scialle che stringe la gola
di storie umilianti,
e affanna gli occhi e la mente
di pianto improvviso
per un’ava mai conosciuta
vissuta nel nulla,
sparita, negata ai ricordi.
Una Donna che vive per sempre
– potente e decisa –
anche in me.
Rita Vecchi

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