Per la rubrica del martedì: “La mia libertà vale di più”, ecco un invito a leggere le parole di Agostina Spagnuolo; l’autrice si muove in uno spazio di tempo interiore dove la Memoria trova riscatto dalla tirannia del tempo lineare, rapido, naturalmente in discesa.
Questa narrazione è testimonianza del senso di una scelta di vita, seppure momentanea, capace di affrancare la persona da opzioni scontate e comode. La libertà di Agostina, in termini di crescita, è consistita proprio nella realizzazione di una pienezza che è senso dell’esistenza stessa.
Buona Lettura!!!
Il dopolavoro
Quell’estate, la nuova attività di mio padre mi vide grande protagonista. Avevo dodici anni e avevo appena frequentato la prima media in città, la Dante Alighieri, unica e prestigiosa scuola media di allora. Avevo ottimi professori e studiavo con diligenza tutte le materie, anche il latino. Si era ai primi anni Sessanta. Mio padre aveva aperto un’attività, il circolo Enal (Ente nazionale assistenza lavoratori) nella nostra casa al paese, al piano terra. Era un dopolavoro: si giocava al biliardo, al flipper, a carte. Si consumava vino, quello di nostra produzione, birra, coca cola, aranciata Fanta. Divenne anche un piccolo spaccio alimentare. Quella attività forse fu uno stratagemma di mio padre per vendere il vino, visto che c’era difficoltà a farlo acquistare, se non per quattro soldi, sempre sottovalutato dagli acquirenti di mestiere, ma molto apprezzato dagli anziani del paese. Era il vino genuino di campagna. Le mie giornate passavano così tutta l’estate ad aprire il locale, a vendere, a pulire. Mi faceva spesso compagnia mio fratello, di due anni più piccolo di me. La sera non reggevo il sonno che mi calava sulle palpebre, finché non crollavo con la testa sul tavolino accanto alla finestra, dove tenevo i miei libri di latino con le versioni da tradurre: era l’assegno per le vacanze, cui mi dedicavo solitamente di pomeriggio, quando ancora c’era poca gente. Arrivava anche il giornalino dell’Ente, che riportava notizie sulle gare di fisarmonica e il gioco del Totip. Quando il sonno sopraggiungeva la sera, provvedeva mio padre a sostituirmi. Così io restavo fino all’ora di chiusura, tranne rare volte che me ne tornavo a piedi a casa. Prendevo la scorciatoia che era in discesa. E non avevo paura. Una volta arrivai in tempo per guardare un bello spettacolo alla televisione: L’amico del giaguaro, con Corrado, Gino Bramieri, Raffaele Pisu e Marisa Del Frate. Lo gustai proprio, mi rilassò e desiderai di vederlo ancora, nella tranquillità della mia casa. Al circolo c’era baccano. Mia madre mi preparò le patatine fritte. Quello del dopolavoro fu una importante esperienza per me. Conobbi la gente. La conobbi in tutte le sue sfaccettature: conobbi il bene e il male, le miserie e le nobiltà. Conobbi il pettegolezzo, ma anche l’amicizia. Abitavamo fuori paese e di tanti, prima, sapevo solo il nome. Quella fu l’occasione per conoscere le facce di tanti miei compaesani. Fu stancante e ripetitivo stare tutti i giorni in quel luogo, ma forse proprio per il sacrificio che quella esperienza mi costò, io sono rimasta molto legata a quel tempo e a quel luogo, a quella casa.
Capriglia Irpina (AV), 3 gennaio 2024