Il mio borgo tra immagine e psiche: Montaltino, di Paolo Polvani
Il Borgo di Montaltino
di Paolo Polvani
VOCE DI SANDRA LIBERA CHRISTINE QUITADAMO
Per molti anni la bicicletta mi ha permesso di sfogliare uno dei libri più belli che abbia mai incontrato, le campagne intorno alla mia città, i sentieri polverosi e ingombri di sassi, di ciuffi d’erba secchi, di lucertole che guizzavano ai bordi del sentiero, di ulivi incantati dal sole, di vigne geometriche dai colori intensi e dal profumo acuto e pungente come quello degli alberi di fico.
Queste esplorazioni per diversi anni sono state fonte di ispirazione poetica, ho messo insieme una sorta di canzoniere ciclistico, pubblicato poi in un libro che aveva per titolo Alfabeto delle pietre, e la cui sezione dedicata alle due ruote si intitolava: Il ciclista gonfia i polmoni nella giornata d’oro.
Esiste un reticolo di strade che consente una varietà di percorsi illimitata, biforcazioni, incroci, possibilità infinite. Ma un punto fermo delle mie peregrinazioni era il borgo di Montaltino, un pugno di case affogato dentro un paesaggio di uliveti.
Ubicazione centrale rispetto a molte destinazioni, mi ha sempre attirato per diversi motivi: una fontana pubblica che regalava acqua fresca e copiosa, risalente agli anni ’50, con tanto di targa commemorativa. Un palazzo padronale non particolarmente bello ma comunque testimone di tempi andati molto diversi da quelli attuali. Una stazione di posta sulla strada regia che portava a Napoli.
E soprattutto, a poche centinaia di metri, un insediamento detto Montaltinicchio, cioè una Montaltino ancora più minuscola, un agglomerato di una dozzina di costruzioni a secco, a forma di trullo, destinate a ospitare, negli anni passati ma non troppo passati, fine anni ’50, i raccoglitori di olive provenienti da Bisceglie, dove pare fossero particolarmente esperti e qualificati. Negli anni delle mie escursioni ciclistiche facevo parte di un’associazione che si occupava di tutela e valorizzazione del territorio.
Avevo coinvolto una giovane amica, Silvana, studentessa di architettura, nelle mie esplorazioni; attraversavamo le campagne e scattavamo diapositive alle costruzioni rurali, ai trulli disseminati lungo i campi. Mi spiegava che esistono ben tredici tipologie costruttive relative ai trulli. Mettemmo insieme una buona documentazione fotografica e organizzammo una conferenza in cui io proiettavo le diapositive e lei illustrava le tecniche costruttive, i materiali, l’uso, tutto quello che sapeva intorno alle costruzioni a secco. Fu un successo, anche se da allora la distruzione dei trulli nelle campagne non si è mai arrestata. Pare che le pietre frantumate posseggano poteri rigeneranti per i terreni. Anche a Silvana piaceva fermarsi alla fontana di Montaltino, quei pochi minuti di pausa servivano a rinfrescarci e a combattere la protervia del sole estivo all’ombra di alberi dalla chioma folta.
Dunque Montaltino, dove un tempo la popolazione ammontava a centocinquanta persone, e ora è ridotta a meno della metà, dove un tempo esisteva un emporio dove acquistare il pane, la pasta, e il cotone per cucire, le lamette per radersi, il filo di ferro e tante altre disparate cose, dove esisteva una buca postale e per un certo periodo una pizzeria.
Lungo i tratturi che costeggiano il borgo di Montaltino mi è venuta l’ispirazione per molte poesie, ve ne propongo una cui sono particolarmente legato perché mi riporta a quel periodo di vagabondaggi ciclistici, di peregrinazioni accompagnate dal canto assordante delle cicale, dal volo delle gazze, dalla presenza rassicurante degli ulivi.
Il confine del vento
Questa campagna esatta e laboriosa tenere tra le braccia,
masticarla piano, assaporare tra i denti una gioia
assoluta e senza credi, diventare lo sguardo fisso delle vigne,
essere i sentieri che corrono a perdifiato tra gli ulivi, vene
che ingurgitano i verbi della luce, la grammatica breve
degli insetti, le vite infinite e sconosciute, le chiome
nebulose dove si frange il volo della gazza, le aperte
geometrie, se potessi questa terra ingoiarla, digerirne
le masserie lucide di calce e di silenzi, essere il brusio
delle finestre, il richiamo misterioso dei pozzi, se potessi
essere la memoria di tutti i fili d’erba, essere io lo sguardo
il suono, il confine del vento.
Guarda il video costruito per Paolo, seguendo le immagini e ascoltando la voce di SANDRA LIBERA CHRISTINE QUITADAMO
al Link: