Carissime e carissimi, oggi il blog dà il via a una rubrica davvero stimolante: Il mio borgo, tra immagine e psiche. Le autrici e gli autori potranno corredare di fotografie, immagini, dipinti il loro borgo, vicino o lontano nel tempo.
Dello scritto troverete anche inserito, in fondo alla pagina, il link del video, realizzato con musica, immagini vostre, frasi del vostro testo. Oggi incominciamo con il borgo, “Falcade”, di Lilia Bolzonella.
Allora, Buona lettura!
Falcade, un piccolo borgo nella Valle del Biois, nell’agordino, mi riporta indietro nel tempo, a quando ero bambina e poi ragazza e vi trascorsi vacanze all’insegna della spensieratezza, tipica di quell’età.
Le “nostre vacanze “, mie e della mia famiglia, duravano due mesi, luglio e agosto, perché papà, professore di lettere, aveva un periodo lungo di “ferie” e tutti noi, a bordo della mitica 600, potevamo fuggire da un’afosa Padova per raggiungere Falcade.
Gli appartamenti presi in affitto erano vetusti, se così si può dire, a volte con i servizi igienici sul terrazzino , ma an
dava bene così, l’importante era godere dell’aria sottile e della vista di boschi e Dolomiti che, al tramonto, cambiano colore e diventano rosa e poi arancio acceso.
Nei miei ricordi ci sono i bellissimi tabia’, ad uso abitativo e per immagazzinare il fieno, prezioso per alimentare il bestiame, di cui la valle è disseminata, hanno un fascino particolare, parlano di vite di un tempo e profumano di legno e di fieno, se ci penso ne sento ancora il caratteristico odore.
Falcade è un piccolo borgo, ma ha una splendida vista sulle cime del Focobon, sul Mulaz, sulle Cime d’Auta e sul Civetta, la mia montagna preferita, mi dà una sensazione di forza, un non si che di immutabile forse per la sua grandezza e la sua forma ” a civetta con le ali aperte “.
Un’ altra bellezza pericolosa di Falcade è il torrente Biois che scorre apparentemente abbastanza tranquillo, pur tra sassi e rocce, ma basta una forte pioggia perché si trasformi in un torrente “ringhioso”, di color marrone e, purtroppo, nel lontano novembre 1966, uscì dal suo alveo e allago’ la splendida vallata portando non pochi danni.
Le forti piogge di quel periodo diedero luogo ad una grande frana che frantumo’ letteralmente il paesino di Somor, sulle alture sopra Falcade e molte persone persero la vita.
Da allora il Biois ha cambiato il suo corso ed è stato “imbrigliato ” da forti argini.
Ricordo come vestivano le donne un tempo, portavano un pesante foulard sulla testa, a fiori su fondo nero annodato dietro il collo, portavano germe colme di fieno, mungevano le mucche, coltivavano campi di patate e i loro orti.
Vita dura, la loro, spesso i mariti emigravano all’estero, chi in Germania, chi in Egitto (all’epoca venne costruita la famosa diga di Assuan con maestranze italiane), le donne erano il vero pilastro della famiglia.
Oggi Falcade è diverso, il luogo è sempre bellissimo, ma, come molti paesi di montagna, si è spopolato, i giovani qui non trovano lavoro e ci sono sempre più persone anziane.
Ma a me piace ricordare Falcade quando correvo e saltavo i covoni di fieno, quando andavamo in gita in Valfreda ( si scrive così), prati a non finire e tabia’ per
accogliere il fieno, o quando incontrai il mio primo amore, ballando con la musica di un juke box.