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Il Borgo di oggi: Oslo

Oggi andiamo ad Oslo con Anna Quatraro

Ad Oslo, ci sono stata sette giorni, dal 12 al 19 luglio 2023.

Sono partita per Oslo con l’idea che ormai non è più come una volta. Ovunque, ma è nelle persone che restano i paesaggi e i ricordi che ho solo immaginato e la grande apertura di cui mi ha parlato un amico prima di partire.

Ciò che ho provato sorvolando la Norvegia è la distensione che toglie la tetraggine che a volte avvolge i miei pensieri.
Ad Oslo, ho vissuto un sentimento di bilanciata compostezza già uscendo dalla Oslo Sentralstasjon. Il primo ostello è stata una gran delusione e non ho trovato parole per qualificare il loro comportamento.

All’Opera mi sono divertita a fare passeggiate in lungo e in largo sul tetto, mentre dei bambini giocavano a scivolare, senza però cadere né farsi male.
L’Opera è un teatro davvero vicino al porto. Ci sono le saune e uscite i norvegesi più impavidi si fanno il bagno.

Per il resto tutto funziona bene, non devi fare scaramanzie per poter avere accesso a pagamenti tramite postepay senza qualche intoppo. In Italia, alzo gli occhi al cielo e invoco Pascal, solitamente.

Negli occhi delle foreste norvegesi si respira l’atmosfera naturale della Norvegia, che spero verrà tutelata negli anni. Nella bellezza che si vede dal finestrino dell’aereo ho cercato di godermi la libertà della solitudine, la più ancestrale e forte che si possa respirare fra i fiordi.

Due giorni dopo, mi sono fermata a parlare con un giovane di ventidue anni al quale ho spiegato come passare il colloquio, o come provare se non va ce ne saranno altri. Mi sono chiesta da quale ambiente venisse per essere così calmo e composto, poi mi sono ricordata che in molti paesi a ventidue anni si conclude la triennale, mentre da noi ci sono dibattiti ogni anno e quindi, almeno si impara a parlare. Ecco cosa fa un’italiana all’estero. Si lancia nella mischia della psicologia.
Insegna a parlare e a pensare, si scherma dicendo: oh, noi sappiamo farlo così bene. Lui era mezzo portoghese, mezzo italiano ed era interessatissimo. Ho parlato anche con barista originario di Palermo, che dopo la nostra chiacchierata mi ha domandato “Sei venuta qui per farmi da psicologa?”
Mi sono persa volontariamente lungo “the river Akerselva, coming from Maridalsvannet”, mi spiegherà qualche giorno più tardi l’amico della persona che mi ha suggerito questo breve viaggio.

Avevo bisogno di mettere da parte la mia ombra, che la notte scorsa per la stanchezza mi ha portata a vedere il fantasma di un veliere sul mare.

Mi sono fermata spesso a chiedere se sia una forza che abbiano tutti, quella del linguaggio del tutto inventato, che vaga a sé stante nella propria mente. Molto più linguaggio del dovuto.

La Norvegia ha grandi boschi che danno forma della sua costa e leniscono le paure più forti. I suoi grandi spazi sono un invito a mettere da parte la ragione e incamminarmi di notte per cercare di capire se ci sono informazioni sui cambi dei voli.

Libri Iperborea fedeli compagni dei momenti di viaggio sono stati Mamma è matta, papà è ubriaco di Anton Dich e Anime baltiche di Jan Brokken. Prima di partire ho letto sul Prato della Valle di Padova “Gli uccelli” di Tarjei Vesaas.

Spesso mi sono detta che la serendipità dia una forte spiegazione logica ad ogni cosa. Dispiega sul tavolo dell’esistenza parti che ci sfuggono, ma permettono di amare tutto, sperando di arrivare, se ha senso, a una sorta di kintsugi giapponese, in realtà forse non mi piacerebbe nemmeno così tanto.

***

Ad Oslo piove tanto in estate, piove in tutta la Norvegia. Il cielo di notte è uno spettacolo mozzafiato, se non lo vedi potresti pensare che sia solo un modo di dire.
Ai tavolini dei bar, mi sono seduta ad ascoltare le parole degli altri, pur non comprendendo il norvegese. Lungo le gate, come si chiamano qui pensando a che problemi possano esserci in una città così ordinata. Ero all’Hotel P, in gate Gresen.
Hammer borgate: ho diviso più volte le parole per ricordare il nome della galleria, poi ricordo che posso sbagliare; posso non sforzarmi di vedere del surrealismo nelle strade nelle quali i turisti inglesi si perdono e chiedono a un’italiana, a noi che siamo fari della cultura.

Qui si può pensare a un modo più equilibrato di vivere. Oggi pomeriggio, quando sono stati cancellati vari treni, i turisti sono rimasti immobili. Ne ho cercato un altro, sembrava di viaggiare nello spazio (in venti minuti ha percorso una cinquantina di chilometri, al modico costo di 22 euro), mentre molte persone sono rimaste ad aspettare chissà che cosa.

Dentro di me le parole che non mi ha detto uno psicologo della cooperativa per cui ho lavorato questa estate: sai farlo o no? Sai mentire della serie:
“L’ho letto su Google scholar, hai ragione. Ci informiamo così”.
Non così bene.

****

Qui non c’è stato spazio per la coerenza nella lingua, e viene solo da chiedersi sono già passata per questa via? Dove sono le piantine di questo hotel? Solo per un po’ mi sono affidata a Google poi ho lasciato perdere e sono andata a intuito. In hotel, si saranno chiesti che concezione del tempo hanno certi italiani; un controllore dell’aereoporto mi ha mostrato un diario di una ragazza spagnola (non lo apra, non si fa – ah, sì, vero). “Volevo sapere se è italiano o francese questa scrittura. È suo?” “No”. Un diario rosa molto ben tenuto, appartenente a una ragazza spagnola. “Noi popoli latini siamo un po’ particolari” “Questo lo dice anche mia moglie, scusa. Non so se hai capito”, mi risponde in inglese.
Ora è sera e sono in aeroporto che aspetto il volo per domani mattina, dopo che ci sono stati dei contrattempi che magicamente qui non hanno sortito nessuna rivolta popolare.

Com’è limitante il linguaggio, vorrei cancellare tutto e riscrivere tutto, ma in fondo la serendipità è stata la cosa più raffinata di questa vacanza.

Anna lavora per una casa editrice di Forlì, dopo aver convenuto che non poteva trasferirsi nelle ville venete a fare la gran dama che in una vita precedente che può darsi sia stata.
Insegna a Padova, dove vive. Spera di poter cambiare se stessa e il proprio lavoro almeno cinque/sei volte.

Guarda il breve video costruito per Anna al Link

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