Flipped Life
Alla fine mi lascio tirare dalla possibilità di esternare il mio pensiero, come di nascosto in questo blog in realtà frequentatissimo. Dal vivo no, non riesco più ad esprimermi, le mie considerazioni le tengo per me: ma qui….
Rifletto, dopo settimane e settimane di “vita sospesa” (e chissà quante ci aspettano ancora): fossi sola, o se le restrizioni fossero solo per me, non sarebbe così grave, mangerei meno e cose più semplici, leggerei, telefonerei a vecchie amiche. Mi pesa questo periodo per la continua restrizione delle libertà personali, come il fatto di non poter andare a fare la spesa in tempi ragionevoli e dove mi pare (non nel supermercato più vicino!), ma non è qui la fatica, non solo. La vera questione è che non sono sola, sono tutti qui a porre quesiti e ad avanzare esigenze, di fatto; e in più ho un lavoro che mi pone davanti a responsabilità enormi (non esistenziali, si intende, ma psicologiche), quindi sono oberata e da settimane non mollo se non per poche ore notturne.
Pertanto non posso vedere il periodo Covid se non attraverso gli occhi dei miei figli. Credo di vivere di riflesso le loro diverse attitudini di fronte alle restrizioni. Non conta il mio punto di vista, anzi cerco di reprimerlo e di cancellarlo: ma affiorano i LORO punti di vista.
La più piccola ha 11 anni: la vedo sempre più nera, spesso lunatica, instabile, a volte svogliata e depressa, a volte esageratamente allegra. “Era” lanciata in una bella stagione agonistica, ora non c’è più tutto questo, oltre alla scuola, e si vede che le manca, che non riesce a vedere gli obiettivi: mi stringe il cuore vederla demotivata e poco attiva. Ma come non capirla.
La seconda di anni ne ha 15, età drammatica: si era già chiusa da mesi nel suo guscio snob, ipercritico verso tutti ma comunque lamentoso su se stessa e sulla sua condizione di studentessa-modello-che-deve-fare-ma-non vuole-fare-perché-tanto-non-mi-interessa-niente! Ora ha ottime occasioni per stare nel suo buco tutto il giorno, e passa senza soluzione di continuità dal video con scuola al video con le amiche al video con film di basso livello. In ogni caso: in video veritas!!!! Certo, le pesa non uscire, ma alla fine non più di tanto, socializza comunque e forse più di prima: è che non si accorge di quanto si appiattisce ed impoverisce. A me passano davanti tutti gli sforzi fatti in passato per offrirle occasioni, attività… nulla di tutto ciò viene considerato valido o utile, nulla di tutto ciò permane.
E poi il primo, il 22enne: anche lui in quanto a umore è un pendolo. Sorretto da yoga e aspirazioni ascetico-meditative… crolla se non trova le forbici ed è capace di andare in tilt per un cavo smarrito. L’equilibrio del pensatore? Bah, sarà: a me pare molto fragile, e anche troppo consapevole del fatto che se già il futuro per i giovani era in salita, ora precipita. Fa discorsi che vorrebbero essere rivoluzionari, da giovane rampante, ma sembra un vecchio depresso, disilluso. E’ quello che io sento più vicino, lo capisco, credo persino che capisca me. Ora si propone persino di aiutarmi in certe parti del mio lavoro, fa la spesa, collabora perché è un modo per prendersi un po’ di autonomia. Un bastone per sorreggersi, a momenti: un giovanissimo ancora troppo infantile, incapace di porsi dei limiti, in altri.
Ecco, questo il mio quadro. Giorni fa mio marito mi ha detto che sono io l’unica, in famiglia, che sta DAVVERO (?) soffrendo per le restrizioni. Ah, sì? Ma certo, anzi ecco il suo quadro completo: i due figli grandi non hanno problemi, si rifugiano nei loro cellulare e hanno risolto; un po’ più in difficoltà la piccola, che “è più estroversa e non ha il cellulare” (sottinteso: poveretta! fortuna che usa il mio per videochiamare come una centralinista!). Infine, non vede neanche grandi variazioni per se stesso, perché è abituato, lui!, a lavorare da solo e con PC, a vedere amici al limite una volta a settimana ma si può fare via telefono.
Insomma, l’analisi su se stesso sarà pure realistica, ma quella sugli altri mi pare decisamente astratta, fasulla, fantasmagorica: per lui quella che patisce di più sono io, in quanto mi mancano i colleghi (eh?! Ma se ora li vedo e sento più di prima!). Al solito, il modo di vedere le cose di chi mi sta accanto mostra un quadro completamente flipped della realtà: vorrà convincermi che devo andare io, alla neuro?
Paola