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Era la voce di mia madre…

di Carmen Grattacaso

Uno di quei giorni in cui mamma era malata, mi trovavo da sola nello studio di mio padre a giocare col mio bambolotto, Mario.
Mio padre, i miei nonni e i miei fratelli stavano ancora pranzando.
«Piccolo bambino, vuoi la tua nonnina vero? Purtroppo è malata, ma c’è la tua mamma con te» tenevo la voce bassa per non disturbare nessuno, ma anche per vergogna, quando giocavo a fare la mamma «Non piangere Mariolino, ora la mamma ti canterà una ninna nanna…».
Cullavo il mio bambolotto senza capelli, dagli occhi azzurri, quando sentii un urlo.
«Aiuto! Aiuto! Non ci vedo più!».
Era la voce di mia madre. Immediatamente corsi in cucina.
«Mamma sta male!» gridai.
Si alzarono tutti, ma entrarono in camera solo mio padre e mia nonna Pupetta.
Ci fu un trambusto, che pareva scuotere le pareti vecchie della casa.
Non mi fecero entrare.
Iniziai a piangere davanti alla porta. Avevo il terrore che mamma potesse diventare cieca come zia Rita.
Andai a prendere Mario.
«No, no Mario, non avere paura, non avere paura» gli sussurravo.
Improvvisamente, tutto si calmò.
Papà ci rassicurò, dicendo che mamma aveva avuto un capogiro, che sarebbe venuto il medico a controllarla.
«Non è diventata cieca, papà?» chiesi, tenendo stretto Mario.
«No, certo che no» rispose mio padre senza guardarmi.
Pensavo che i grandi si scocciassero di abbassarsi per parlare ai bambini, che vivessero in un mondo loro, dove si poteva solo sbirciare.
Mio padre non mi accarezzava mai.
Dalla porta della stanza, guardai mia madre. Era pallidissima. Pareva dormisse, ma aveva un respiro affannoso.
Tornai in camera mia e misi Mario in una culletta.
«Non muore- dissi- e non diventa nemmeno cieca, stai tranquillo, Mario, me l’ha detto Lucia».
Lucia era la mia amica immaginaria, una specie di veggente di fatti positivi.
Iniziai a pregare per mia madre che guarisse presto.
Con i miei recitavamo una preghiera la sera., e con zia Rita pregavamo spesso.
A cinque anni conoscevo il Padre nostro , l’Avemaria e la preghiera all’Angelo custode.
Quella malattia, diagnosticata con varie radiografie e curata col cortisone, si è pensato poi, fosse la causa della malattia di mia sorella Marta, che allora già si trovava nell’utero di mia madre. Non la malattia ma i metodi usati per curarla.
Mia madre era incinta al secondo mese.

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