Anna Quatraro oggi ci spalanca le porte, gli occhi e la parte nascosta di noi.
“Ranva Hjelm Jacobsen ripercorre la storia della sua famiglia e il legame intimo con la bellezza dell’arcipelago delle isole Faroe”.
“… Mi sono così spostata sulla mia immaginaria carta geo-letteraria verso territori all’apparenza ostili e lontani dai principali centri economici e culturali dell’Europa continentale” Scrive Anna.
Storie di gente felice
Lars Gustafsson, Iperborea 2020
Da qualche mese, ho iniziato ad approfondire la letteratura scandinava e mi sono così spostata sulla mia immaginaria carta geo-letteraria verso territori all’apparenza ostili e lontani dai principali centri economici e culturali dell’Europa continentale. In questo altrove fatto di ghiacci e paesaggi che sanno di saggezza fiabesca e miti celtici, non è infrequente sentirsi in una zona di mezzo fra la civiltà e la natura selvaggia, come accade alla protagonista di Isola (Iperborea, 2018). Nel suo breve romanzo, Siri Ranva Hjelm Jacobsen ripercorre la storia della sua famiglia e il legame intimo con la bellezza dell’arcipelago delle isole Faroe. Se ne ricava l’immagine di una divinità marina, che osserva gli uomini con benevolenza e che personifica l’ambiente verdeggiante, scolpito nelle rocce e incastonato fra cielo e mare.
Restando nel territorio delle colonie danesi, alla nostalgia si sovrappone l’alienazione molto vivida nelle pagine del romanzo La valle dei fiori(Iperborea, 2023). La giovane Niviaq Korneliussen ricostruisce lo spaesamento sia culturale che esistenziale sperimentato dagli adolescenti inuit che sognano la Danimarca come meta (o via di fuga?) per i loro studi universitari e la loro piena espressione, specie per i membri della comunità LGBTQ+. La protagonista rimane una voce senza nome, per permettere una maggiore identificazione nei lettori.
In Norvegia, essendomi recata questa estate, ho fatto una sola tappa di lettura, soffermandomi su Tarjei Vesaas e il suo romanzo Gli uccelli (Iperborea, 2017), che mi ha regalato grandi soddisfazioni. In questa immaginaria esplorazione, gli autori svedesi sono per ora i più briosi affabulatori; sono rimasta colpita dall’analisi paradossale dei comportamenti umani nel romanzo L’onesta bugiarda (Iperborea, 1989) di Tove Jansson e molto impressionata dall’estetica della distrazione dei racconti di Storie di gente felice (Iperborea, 2020) di Lars Gustafsson.
Gente felice in Svezia è un delizioso ossimoro, ma anche un pronostico rispetto alle aspettative comuni; dotati di grandi livelli di sicurezza, efficienza e istruzione, questi luoghi non stentano a diventare prigioni produttive e iperorganizzate, nelle quali è facile abbandonarsi a malinconia e mal di vivere. A sorpresa, questi racconti brillano per la loro sofisticata ed elegante arguzia, si leggono con il desiderio di capire le motivazioni psicologiche e gli impulsi filosofici nascosti dietro al meccanismo delle azioni, ma anche con la speranza di incontrare qualche folgorazione, disseminata in maniera del tutto casuale e inattesa. Al centro, la tensione fra solitudine e conoscenza, in una giostra di incastri fra Cina, Stati Uniti, Italia, Grecia, Svizzera, Germania e infine Svezia, nella regione più opaca e umida degli acquitrini che circondano i laghi.
Ho amato la grande vivacità intellettuale ed espressiva tipica di Gustafsson, il modo di presentare in maniera fluente ambiente così distanti e variegati, disposti in un continuum di immagini e sensazioni, personaggi e intuizioni, come se fossero impressi lungo lo stesso paesaggio interiore, incastrati fra l’acqua e la luce intensa dei cieli scandinavi.
Il dolore del mondo era pieno, completo, un universo in cui nulla poteva essere sottratto né aggiunto. Era il più perfetto dei mondi, perché aveva un unico contenuto, e questo contenuto si estendeva uniforme nello spazio circostante.
Citazione da Storie di gente felice