Leggiamo questo articolo di una mamma pfas che ha voluto affrontare la vita con determinazione dopo gli accadimenti che hanno sconvolto e che stanno travolgendo la nostra regione.
… E chissà quante altre situazioni analoghe nel nostro Paese!
E’ difficile raccontare in breve cosa vuol dire fare parte del gruppo “mamme no pfas”; prima ancora, è necessario spiegare cosa sono quei pfas cui noi diciamo NO, un no così deciso da averci portate a metterci in gioco e a capovolgere le nostre vite.
Cosa sono: I pfas sono sostanze chimiche, create in laboratorio parecchi anni fa, quando ci si è accorti che il legame tra il carbonio ed il fluoro era così forte da poter essere considerato praticamente indissolubile e consentire pertanto infiniti utilizzi. In effetti, siamo circondati da prodotti che contengono pfas: pentole antiaderenti, cosmetici, carta forno, contenitori per alimenti, abbigliamento tecnico, schiume antincendio e così via. Tutto ciò che è idrorepellente contiene pfas.
Quella che è la loro caratteristica principale, cioè il fortissimo legame tra carbonio e fluoro, è anche ciò che le rende estremamente dannose per l’ambiente e per le persone, in quanto hanno tempi di degradazione lunghissimi. Sono interferenti endocrini e sono correlati ad una lunga serie di patologie che riguardano la tiroide, i reni, la fertilità sia maschile che femminile, le malattie cardiovascolari e molto altro.
Cos’è avvenuto: In Veneto i pfas sono stati prodotti per anni da un’azienda di Trissino (Vi), la Miteni, che li ha sversati nella falda acquifera che alimenta alcuni acquedotti. Attraverso i rubinetti delle case – e gli alimenti del territorio – sono entrati nel sangue delle persone, che in nessun modo avrebbero potuto accorgersene perché sono inodori, incolori ed insapori: l’inquinante perfetto. Solo grazie al piano di sorveglianza sanitaria disposto dalla Regione Veneto nel 2017, gli abitanti della zona compresa tra le province di Vicenza Padova e Verona hanno avuto notizia della contaminazione… ma l’azienda responsabile lo sapeva da molti anni, e le stesse autorità regionali venete ne erano a conoscenza almeno dal 2013.
Perciò la nostra è anche una storia di diritti negati: oltre al fondamentale diritto alla salute, ci è stato per esempio negato il diritto all’informazione e, se non fosse stato per le nostre insistenze (compreso un presidio di sei giorni e cinque notti davanti alla Procura di Vicenza), probabilmente ci sarebbe stato negato anche il diritto di vedere processati i responsabili.
Vite capovolte: Noi mamme abbiamo ricevuto per prime la prova certa della contaminazione, perché i primi ad essere sottoposti a specifiche analisi del sangue sono stati i nostri ragazzi. Sono risultati tutti contaminati.
Non potevamo rimanere inermi di fronte alla consapevolezza che nel loro sangue erano presenti sostanze chimiche tossiche (ora dichiarate certamente cancerogene): abbiamo iniziato a fare gruppo tra di noi, a studiare cosa fossero i pfas e quali effetti comportassero per la salute, a bussare a tutte le porte (dalle amministrazioni locali, ai Ministeri, fino al Parlamento Europeo) per chiedere che i cittadini venissero tutelati, a fare informazione rendendoci disponibili a interviste, convegni ed anche ad essere oggetto di ricerche scientifiche. Collaboriamo a delle proposte di legge partecipate, sia a livello nazionale che europeo. Facciamo molto, ma moltissimo rimane ancora da fare, come la bonifica… sembrerà infatti incredibile, ma ad oggi l’inquinamento persiste.
Abbiamo capovolto le nostre vite, scegliendo di metterci in gioco ed impegnandoci a tutto campo. Da sei anni portiamo avanti la nostra battaglia contro la produzione e l’utilizzo dei pfas, rubando il tempo alla famiglia, al lavoro, e a tutto ciò che prima riempiva il nostro quotidiano, perché quanto accaduto non si deve ripetere mai più.
A completamento di quanto scritto,guarda questo video al link: