Tracce di memoria
Di Maria Chiara Acazi
Riflessione su Marco Marchesan studioso e attento ricercatore
Parte finale
Quando uno stimolo esterno che proviene dall’ambiente o uno interno che può essere un ricordo, uno stato d’animo, un pensiero o un’idea sollecitano la psiche prende, avvio il ciclo funzionale suddiviso in sei fasi: l’intellezione cioè la conoscenza e la comprensione dello stimolo mediante i sensi, lo stimolo, attraverso un atto intellettivo, viene interpretato e trasformato in idea o concetto; l’emozione cioè la sensazione, piacevole o dolorosa, prodotta dall’atto conoscitivo di ciò che costituisce lo stimolo; la reazione cioè l’emozione che determina l’impulso a reagire istintivamente che è solo sentimentale poiché, prima di concretizzarsi deve essere sottoposta al vaglio dei processi mentali, della riflessione e della valutazione (deliberazione e decisione); la deliberazione, quando la reazione viene esaminata razionalmente dal soggetto attraverso la valutazione, l’esame interiore, la riflessione e la previsione di tutte le possibili alternative di risposta che la situazione da affrontare richiede. Dopo aver deliberato, il soggetto sceglie con consapevolezza e responsabilità il comportamento operativo con una decisione. Infine l’azione: realizzazione della scelta attraverso un atto volitivo e consapevole che permette il raggiungimento delle proprie mete personali e la soddisfazione dei propri bisogni.
Il sistema delle leggi rappresenta il collegamento tra la sponda grafica e la sponda psicologica: il gesto, una volta appreso e automatizzato, diventa meccanico: c’è quindi consapevolezza sui contenuti ma non sui movimenti da cui emergono gli aspetti dell’inconscio.
Queste leggi hanno origine dalle leggi oniriche elaborate dal prof. Freud a cui Marchesan fa riferimento per dare fondamento alle sue teorie. Leggi che non solo considera come riferimento per le sue elaborazioni successive ma che modifica dopo alcuni attenti studi e approfondimenti. Un dialogo tra due grandi esploratori di quel misterioso e potente continente che è l’inconscio. In fondo, che lo si accetti o meno, ci sono elementi in ognuno che non si conoscono o che non si sa di possedere ma che ci spingono a pensare e a fare delle scelte piuttosto che delle altre. Oltre a nutrire la rivoluzione psicoanalitica avviata da Freud, che ha stravolto la lettura della realtà (e quindi la realtà stessa perché il mondo è il ciò che ci raccontiamo sul mondo!), Marchesan concepisce ed elabora la Psicologia della scrittura come un ambito disciplinare che implica una conoscenza teorica, una competenza tecnica e una sociale: sapere, saper fare e saper essere.
E così tra un’argomentazione e l’altra, Marchesan invita e conduce a intraprendere un viaggio tra sé e il mondo. Una via che attraversa tante porte con sguardo attento sul sé, per non perderlo mai di vista. Un percorso grazie al quale l’io si scopre, letteralmente, nel suo funzionamento più intimo: sentiero che ognuno percorre di fronte a qualsiasi emozione, a qualsiasi pensiero o situazione e che porta ad un’azione attraverso le tappe che lui ben descrive nel sistema psichico, l’apparato della nostra mente. Funzionalità estremamente complessa che giorno dopo giorno le neuroscienze svelano, attraverso ricerche incalzate da curiose domande: dubbi che orientano la ricerca e invitano al sapere. La scrittura: meravigliosa occasione per scrutare l’io umano, per guardarlo, osservarlo ed esplorarlo, infine comprenderlo. Tutto quanto elaborato da Marchesan è molto attuale e alcuni elementi andrebbero riconsiderati alla luce della contemporaneità per la loro valenza: in primis il valore assoluto della sensorialità, situata a monte del sistema psichico da Marchesan e da cui tutto ha inizio. Sensorialità come accoglienza di ciò che è dentro e fuori dal sé, esperienza primordiale, silenziosa e profonda. La disponibilità all’informazione sensoriale non è sempre spontanea, va educata, ma in ogni caso non può prescindere dalla dimensione corporea. Il corpo: un luogo poco vissuto dai bambini di oggi. La sensorialità, una dimensione poco esperita. Emerge una cultura che investe sul cognitivo e che disinveste sulla sensorialità corporea. Oggi ai bambini manca il sentire, i bambini non sentono. Non c’è spazio e non c’è tempo in cui esperire questo dono. Quel sentire che permette loro di costruire i confini del sé, prima fisici e poi psicologici, quel sentire che permette loro di accedere alla percezione del sé, di un sé che sente, pensa e agisce. Un sentire che predispone la fiducia di fondo nelle proprie potenzialità, fino alla costruzione e all’interiorizzazione di un sé integro, completo e soddisfatto. Tutto ha origine dal sentire, anche la cognizione. Il sentire con e attraverso il corpo da cui tutto ha inizio, da cui comincia l’elaborazione e le costruzioni di immagini necessarie, indispensabili per muoversi, per pensare, per organizzare il proprio corpo nello spazio e nel tempo: un corpo in movimento. Sono molti i bambini oggi che non hanno confini, che non mostrano una connessione con il proprio sé. Nonostante siano super intelligenti e super prestazionali, anche nello sport o in altre arti, i bambini sembrano essere scollegati dalla dimensione propria del sé poiché rendono visibili difficili relazioni interpersonali e intrapersonali oltre ad una incapacità sensoriale che non permette loro di accedere alle informazioni del mondo utili alla manipolazione dell’ambiente circostante. Manipolazione che permetterebbe di pensare e di organizzare un’idea, un materiale, un oggetto. La mano rappresenta un organo privilegiato dell’intelligenza. “La mano è lo strumento espressivo dell’umana intelligenza: essa è l’organo della mente… La mano è il mezzo che ha reso possibile all’umana intelligenza di esprimersi ed alla civiltà di proseguire nella sua opera. Nella prima infanzia la mano aiuta lo sviluppo dell’intelligenza e nell’uomo maturo essa è lo strumento che ne controlla il destino sulla terra.” (M.Montessori, 1948) Basti pensare all’homunculus corticale: visualizzazione che mostra l’assegnazione delle aree motorie e somatosensoriali della corteccia cerebrale umana alle parti del corpo come espressione dell’architettura funzionale della corteccia cerebrale. La mano, nell’humunculus sensitivo, occupa uno spazio piuttosto sviluppato perché la grandezza di una regione è proporzionale al numero di recettori cutanei in essa presenti; allo stesso modo in quello motorio, la mano è ingrandita proporzionalmente al numero di placche motorie, che permettono un movimento più fino. Insomma, la mano ha un ruolo importante, più di quanto si creda, perché nutre questo sentire, fondamentale per la persona e la sua evoluzione. Un sentire che è indispensabile per creare il con-tatto in prima istanza con se stessi e poi con il mondo. Il sentire e il sentirsi sono le porte per accedere all’esser-ci, qui e ora. Dimensioni squisitamente umane.
Un altro aspetto colpisce e si pone come faro per le teorie pedagogiche che orientano le prassi educative: l’autostima. Marchesan a monte dei processi intellettivi, pone la fiducia nei propri mezzi mentali, aspetto necessario per l’intelligere, il sentire e l’agire umano. L’io deve necessariamente credere di essere in grado di conoscere per poterlo fare. Presupposto per accedere ad una relazione che apre la porta alla comprensione perché c’è la fiducia di essere potenzialmente in grado di farlo. E questo rappresenta per le scienze dell’educazione un aspetto fondante l’agire educativo: prima di tutto è necessario investire sullo sviluppo di personalità fiduciose, che si pensino come entità dotate di risorse ed energie utili per conoscere, per comprendere e per relazionarsi con soddisfazione con il mondo. E per fare questo è forse necessario rivedere alcune priorità che il sistema culturale, sociale e scolastico attuale pone in essere.
Infine, ma non per concludere, Marchesan parla di necessità di creare un vissuto e qui si apre un mondo che ha dimensioni che superano l’intelligibile e che hanno un valore psicopedagogico di orizzonti infiniti. L’importanza del feedback ai bambini serve proprio a questo: ad offrire loro una versione delle proprie vicende che si orienti al futuro in modo positivo e con fiducia. Narrazione che il bambino interiorizza e che gli permetterà, giorno dopo giorno, di scrivere con meraviglia la pagina del suo racconto fatto di ingredienti diversi e complessi, sempre portatori di bellezza perché nella loro combinazione nasce il contatto armonico con il mondo. Occhi pieni di stupore e mani piene di poesia: il desiderio dell’incontro con il mondo è un seme che va piantato e coltivato, con estrema cura. Noi siamo ciò che ci raccontiamo e ciò che altri ci raccontano di noi. Tutta la nostra esistenza si snocciola e si svela in chiave narrativa.
‘Scrivere è una realizzazione individuale, materializzazione unica della personalità che lascia trasparire senza dubbio gli aspetti più intimi dello psichismo umano, quello che gli psicologi cercano nelle parole o nei sogni e che i grafologi dicono di trovare nell’analisi del grafismo’ (G. Serratrice, 1993). E così, nutrendosi di movimento nel tempo e nello spazio, ogni traccia grafica diventa segno di memoria.