Come “Passeggeri notturni”… Sfogliare la vita con tre donne
Emanuela, Marina, Sabina sono voci di passaggio in questo caldo giorno di estate.
Si accomodano e ci lasciano i loro frammenti di vita, tra rabbia, riflessione, memoria di un passato che ha generato cambiamento di esistenza, sospeso tra dolore e coraggio.
Buona Lettura!
“Siamo noi, la generazione più felice di sempre.
Siamo noi, gli ormai cinquantenni, i nati tra gli inizi degli anni ’60 e la metà degli anni ’70. La generazione più felice di sempre
Dei gelati Eldorado e dei ghiaccioli a 50 lire. Dei Mondiali dell’82 e della formazione dell’Italia a memoria.
Nessuno voleva che parlassimo l’Inglese a 7 anni o facessimo yoga. Al massimo una volta a settimana in piscina, giusto per imparare a nuotare.
Poi siamo cresciuti, e la nostra adolescenza è arrivata proprio negli anni ’80, con la musica pop, i paninari e il Walkman. Delle telefonate alle prime fidanzate con i gettoni dalle cabine e delle discoteche la domenica pomeriggio.
E poi c’era l’esame di maturità, e infine il servizio militare, 12 mesi lontano da casa, i capelli rasati e tante amicizie con giusto un po’ di nonnismo. All’Università ci andavi solo se volevi fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere. Che il lavoro c’era per tutti.
Siamo cresciuti nella spensieratezza assoluta.Non abbiamo mai dubitato un istante che non saremmo stati nient’altro che felici.
Schifosamente felici. Molto più dei nostri genitori e parecchio più dei nostri figli.
Siamo la generazione più felice di sempre.”
Marina
Poco fa, sono nella pausa pranzo e tra meno di un’ora riprendo lezione, durante un’ esposizione dei ragazzi di letture assegnate, una frase riportata da uno di essi su un testo mi ha fatto parecchio pensare, come se una lampadina si fosse accesa d’ improvviso o fossi stata presa da un’ idea, un qualcosa a cui non avevi pensato prima. ” Le cose che non guardi, prima o poi spariscono”.
Come dire che la vita nelle sue sfaccettature più intime, a volte per noi insignificanti, ci sollecita, ci chiama ad essere riconosciuta.
Un atto d’ amore, insomma, sarebbe quello che dobbiamo al mondo.
Così per le persone. Guardarle… Amarle. Soprattutto alcune. Quelle poi in stretto rapporto d’ anima è bene non farle scomparire…
Sabina
Emanuela
Si lasci il proprio paese oggi come ieri. Si parte in cerca di lavoro. In gran parte accade ai giovani.
“Ho lasciato la mia casa, i miei genitori, il mio fidanzato, gli amici, i luoghi e le usanze a me noti perché mi è stato insegnato che l’autonomia economica è il primo gradino per essere delle persone libere”, dice l’autrice del racconto proposto.
Emigrare vuol dire imparare a convivere con altre persone che non sono quelle con cui sei cresciuta, provare a dire le tue solitudini in un soliloquio a metà strada tra casa e lavoro, imparare a trovare il passo in un sistema nuovo di vita e scoprire che anche nella vita precedente eri in un eterno equilibrio tra la ricerca di una tua libertà e ciò che l’esistenza ti indica di essere.