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SE EA MORTE GA PASIENSA TE GHE RIVI ANCA TI (SE LA MORTE HA PAZIENZA CI ARRIVI ANCHE TU)

di Stella Anselmi

“Se ea morte ga pasiensa te ghe rivi anca ti”…….sembra una frase macabra.
La pronunciava qualche volta in certe situazioni particolari mia nonna materna, Dirce questo il suo nome, morta all’età di 85 anni a novembre 2005.
Quell’anno a giugno era morto anche mio suocero che come lei adorava i nipoti e i pronipoti in un modo eccezionale.
Quando nel 2006 sono rimasta un po’ inaspettatamente (dico inaspettatamente perché avrei sempre voluto tre figli) all’età di 43 anni in dolce attesa del mio terzogenito Pietro, oltre all’immensa gioia, ho subito percepito la loro protezione…quasi come se quell’attesa fosse opera loro e per questo motivo, sentendomi appunto protetta, ho capito che sarebbe andato tutto bene, nonostante l’età e che quindi non avrei fatto altri esami invasivi se non quelli di routine previsti per una normale gravidanza.
Ed è stata la gravidanza più spensierata che ho avuto, è andato tutto bene….una ventata di giovinezza, un rimettersi in gioco con le generazioni di adulti più giovani di me e con un arricchimento costante che dura ancora adesso.
Ma vorrei parlare di mia nonna Dirce e della sua frase famosa che mai come in questo periodo mi torna spesso alla mente per la situazione di forse e dico forse “poca tolleranza” che spesso si respira durante questo “maledetto periodo di Covid”.
Questa mattina leggo su facebook di una mia amica che ha bambini in età scolare (elementari e medie) che si lamenta del fatto che alcuni suoi condomini, e dei condomini vicini, abbiano da ridire che questi ragazzi utilizzano il giardino condominiale per giocare e per di più con il loro vocio disturbatore.
Poi sentiamo alcune regioni che non hanno rispettato le vaccinazioni, secondo le indicazioni date in relazione alle annate di nascita. La campagna prevedeva di partire dagli Over 80 per poi procedere oltre con le età e ciò per coprire prima di tutto i soggetti più fragili che hanno pagato il prezzo più alto di morti in questa pandemia (come è accaduto a tutte le altre categorie considerate fragili di cui naturalmente non bisogna scordarci).
Insomma, respiro un egoismo ed una poca tolleranza che in alcuni casi sento a pelle…….
Certo, forse, per quanto riguarda i ragazzi che giocano in giardino, può essere che magari disturbino chi è costretto a lavorare in smart working….ci sta, ma allora senza arrivare ad esasperazioni, perché non parlarsi in modo educato e concordare ad esempio degli orari in cui i ragazzi possano giocare liberamente in giardino?. Già sono costretti alla Dad, già hanno tolto loro l’attività sportiva; vogliamo ora togliere anche il gioco libero così prezioso in questo periodo, utile al movimento e allo sviluppo equilibrato della mente?.
Da piccola, unica femmina del mio giardino, si organizzavano gincane con le bici, si giocava a cowboy ed indiani con lo scopo di costruire capanne e nascondigli e così via……..Avere dei giardini condominiali belli solo per un gusto estetico mi sembra assurdo.
Ci auspicheremmo nei giardini condominiali anche delle panchine dove qualche anziano dei palazzi possa scendere, sedersi e magare far passare il tempo proprio guardando i ragazzi che giocano……
Ed insegniamo ai nostri figli a rispettare gli anziani che tanto hanno dato e danno anche adesso. E quando li vediamo camminare con difficoltà o salire in autobus e stare in equilibrio con difficoltà, spostiamo i nostri zaini di scuola dal pavimento dell’autobus, innanzitutto perché non inciampino e magari cediamo il posto a sedere.
Ci risponderanno con un sorriso impagabile e penseranno “Abbiamo lavorato bene sui nostri figli trasmettendo il rispetto dell’altro perché le nuove generazioni ce lo stanno dimostrando”
In questo modo, come in un parco, in un autobus e in tante altre situazioni dove essere educati è segno di civiltà, non si sentirà più alzare la flebile voce di qualche anziano più in gamba o solo più coraggioso, che dirà “ Se ea morte ga pasiensa te ghe rivi anca ti”.

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