Quando la resistenza diventa denuncia e lotta
di Marina Agostinacchio
Un libro in forma mista, disegnata e scritta per raccontare storie di prigione e la storia del popolo Curdo.
“Le idee non possono essere prigioniere. Trovano la loro strada, scivolano dentro le fessure, attraversano le finestre con le sbarre e le crepe dei muri. Evitano agili il filo spinato. Raggiungono l’esterno della prigione come rami d’edera. E alla fine, arrivano a noi”.
Questa la presentazione del libro “Il diario dal carcere”, editore BeccoGiallo, di Zehra Doğan, artista, attivista e giornalista curda, arrestata per avere disegnato quel che restava di edifici adopera dei militari del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Nel 2016 Zehra viveva a Nusaybin, cittadina turca al confine con la Siria, in gran parte abitata da Curdi.Fu condannata e scontò due anni, nove mesi e ventidue giorni in carcere. Lì continuò a dipingere con quanto aveva a disposizione “qualche mozzicone di matita, fondi di tè o caffè, cibo, sangue mestruale, fluidi corporei, con pennelli ricavati da capelli o piume d’uccello”. Chiese a un’amica attivista di inviarle delle lettere usufruendo solo di una facciata delle pagine, l’altra sarebbe stata usata per raccontare la vita nella Prigione numero 5 di Diyarbakir, nella Turchia orientale, facendo poi in modo di fare “fuggire” i fogli fuori della prigione, uno a uno. Alla realizzazione del libro hanno contribuito anche le altre prigioniere politiche del carcere.
Il libro è un vero e proprio diario di sopravvivenza; in esso vengono narrate le condizioni disumane dei prigionieri, dei parenti che vanno a fare visita, gli stratagemmi realizzati per continuare a sopravvivere nelle celle.
Zehra ci descrive la divisione dei compiti all’interno di giornate tipo che vive tra incombenze quotidiane, “tempo libero” e momenti di discussione. “Perché la lotta continua anche e soprattutto informandosi, discutendo, alimentando il fuoco della resistenza”.
E’ un libro che sicuramente vale la pena di acquistare