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Primavera: una metafora della vita interiore

Sapere leggere il mistero della natura, esplorando se stessi
Quale diritto, così fondamentale per ogni essere umano, come quello all’abbandono allo stupore! Ce ne dimentichiamo spesso, sopraffatti dal tempo, tempo a misura delle nostre necessità materiali.
Leggiamo e lasciamoci avvolgere dalla voce di Patrizia Anconetani e dalle sue parole scritte.

Ogni anno la cerco, la aspetto curiosa e ne cerco gli indizi. Ogni anno come se fosse un evento straordinario mi stupisce, racconta nuove storie…

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Cerco nei rami degli alberi in argine le bozze di gemma che già a febbraio iniziano a formarsi, rigonfiamenti appena accennati e poi evidenti, aspetto di vedere il colore del fiore che si aprirà tra i sepali stretti.
C’è un momento magico, tra fine febbraio ed inizio marzo, anticipato rispetto al passato, in cui come per un tacito accordo, tutto si colora, velocemente.
Rami che fino al giorno prima erano rimasti spogli, nella veste invernale, diventano gioielli bianchi, rosa, rossi talmente belli da incantare.
E mi incanto, resto ferma a guardarli, a fotografarli.
Il primo che compare è un arbusto con fiori rosa scuro, da lontano sembrano rossi.
Cammini per strada e ti sorprende da un giardino, in una macchia d’alberi e vegetazione in argine. I fiori delicati spuntano da rami robusti, con la contraddizione apparente della natura, fragile bello colorato e duro, robusto potente.
La storia più bella me la racconta ogni anno una fila di tre alberi a Ponte, vicino a dove abitavamo fino ad un paio di anni fa. Sono tre alberi in un giardino che è stato creato per essere un parco giochi. L’ho visto nascere. Io arrivavo a Padova con la mia pancia piena d’amore che stava cominciando a scalciare la sua voglia di vedere il mondo e lo stavano inaugurando. Uno spiazzo grande di prato con piccoli rami piantati e circondati da protezioni, alcuni semplici giochi, una recinzione fatta a blocchi con dentro simpatiche figure: un sole che ride, un giocattolo, un fiore con i petali rotondi, che ride anche lui.
D’estate per ripararsi dal caldo ci si doveva rifugiare dentro alla nave dei pirati, una struttura in legno con piccole scalette ed un piano superiore da cui si scendeva con lo scivolo andando a finire nella ghiaia sottile dove i bambini giocavano a riempire secchielli e formine. Dentro una stradella in cotto ed il muretto che chiamavo “delle mamme e delle nonne”, dove ci sedevamo a chiacchierare con l’occhio sui bambini, respirando un po’ tra le corse e le richieste di attenzione dei piccoli protagonisti delle nostre vite.
Il tempo va così veloce che quasi non lo vedi passare, inizi la settimana di lavoro il lunedì alzandoti dal letto con la piramide di Cheope sulla testa, ti metti in moto come una vecchia auto un po’ ammaccata, dalla cucina la caffettiera grida “sono qui!!!” e in un attimo è venerdì. In particolare quest’anno o forse in generale con il procedere degli anni, e della vita, il senso che si dà al tempo è talmente forte che te lo senti passare addosso senza riuscire in alcun modo a fermarlo, come se non esistesse più la noia, sostituita da una gran voglia di usarlo tutto.
Ora quel prato verde è completamente diverso, gli arbusti sono diventati alberi con chiome imponenti, che offrono riparo dalla pioggia in autunno e dal sole in estate, si vedono giovani studenti con i teli studiare sull’erba e il muretto delle mamme continua ad essere abbastanza affollato. I tre alberi di Ponte sono sul lato che dà sulla strada, vicino alla recinzione ed avanti ad una piccola area cani. Per qualche motivo che non conosco mi attirano come una calamita, passerei del gran tempo a vederli cambiare, sono belli in tutte le stagioni, non saprei e nemmeno mi sforzo di farlo, sarebbe abbastanza semplice in effetti, classificarlo. Non importa il nome, sono loro, e basta.
Ci vado apposta, pur non abitando più lì. Vado a vedere il momento in cui “diventano nuvole”.
Ne studio i cambiamenti, so già, ed è stato un allenamento di anni, come capire quando sta per accadere, quando quei funghi giganteschi rosa letteralmente esplodono di colore, quasi non lasciando spazio tra un fiore e l’altro, cappello magico. Non mi stupirei di vedere nel tronco un naso appuntito ed una bocca che parla, come nelle favole.
I tre alberi sembra si tengano per mano, la parte alta ha creato una sorta di ponte e visto da poco lontano è simile ad un’unica grande chioma che crea un passaggio. Da sotto sembra di essere in una foto delle primavere giapponesi, si cammina su un tappeto di petali ed il sole che filtra fa strani giochi di luce.
Ieri passando ho visto una mamma pachistana con una bambina, colorate anche loro sotto la chioma rosa, con i loro abiti eleganti, un po’ luccicanti, La mamma cercava con la bimba, una posizione per poter racchiudere in uno scatto i loro volti sorridenti dentro la nuvola.
Ho trovato poetico questo momento.
La natura ci dà molto di più di ciò che siamo abituati a pensare, spesso nemmeno riusciamo a vedere quanto, siamo girati da altre parti e perdiamo le magie che in ogni momento del giorno propone, un palinsesto senza interruzione, sempre diverso, affascinante.,
Così ogni anno, per anni, ero lì ad aspettare il giorno “nuvola”, la mia vita passava, la mia bambina cresceva, il mondo attorno cambiava, ma loro erano lì, ogni anno a ripetere la magia.
Che dura pochi giorni, annunciata da un lento fiorire, esplode e poi pian piano il verde si insinua tra i fiori che perdono i petali, fino a quando diventa tutto verde. Promessa di nuove magie. Sta per arrivare una nuova estate.

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