Lo spazio scolastico come mezzo di conoscenza di sé e occasione di buone relazioni
Di Ilaria Goffo
Lo spazio scolastico come luogo di gestione democratica delle relazioni
Molto spesso mi imbatto in una riflessione che nasce dall’osservare gli ambienti che più frequento nella quotidianità. In quanto insegnante vedo e osservo le aule scolastiche, gli atrii, la mensa scolastica, la sala insegnanti, la saletta della macchina del caffè e altri spazi quali ingressi della scuola e del cortile.
Mi chiedevo proprio se questi spazi favoriscano scambi democratici e motivanti prima tra i bambini/ragazzi e poi, ma non in seconda posizione, tra gli adulti.
Una mattina, entrando a scuola, ho sentito come la necessità di trovare un angolo/spazio accogliente nella scuola e non l’ho trovato. Non c’è una sala dove si entri e ci si saluti tra colleghi, si beva un caffè, seduti tranquilli, no, ci si saluta velocemente, scambio in salone di saluti, non tutti i colleghi sono presenti: non mi ha convinto. L’ho sentito demotivante, scoraggiante da una parte e non so come dire anche triste.
Gli ambienti che frequentiamo devono farci sentire bene, motivati e accolti. La disposizione di una macchinetta del caffè con davanti un armadio può favorire il dialogo e l’accoglienza? Quando scegliamo di prendere un caffè al bar, scegliamo se proprio non siamo di fretta un luogo dove possiamo sederci, leggerci il quotidiano e sentirci bene per quel tempo che abbiamo a disposizione.
Lo stesso vale per la scuola. Se una macchinetta del caffè è collocata in un angolo buio vicino al fotocopiatore non può comunicare pausa e convivialità, trasmette casualità, afferma il principio del non perdere tempo, anzi peggio non definisce nulla se non semplicemente la sua disposizione in un posto nascosto e poco luminoso.
Manca in assoluto nelle nostre scuole la sala insegnanti come spazio “caldo” di accoglienza: penso alle scuole dei paesi del nord, dove sono presenti pc, macchina del caffè, divani, riviste, tutto il necessario per ricreare uno spazio/lavoro familiare. Vi è alla base uno studio dell’organizzazione assolutamente non casuale, un’attenzione maggiore al benessere di chi lavora e del come lavora.
Ho cercato in internet scuole del nord, gestione degli spazi, c’è solo da imparare. Ho trovato un articolo “Quando lo spazio insegna” in riferimento alle scuole innovative ad Amsterdam in Olanda. Lo studio degli spazi è finalizzato alla socializzazione, all’incontro, allo scambio: dal cortile, alle aule, dalle aule tematiche alla sale insegnanti.
La scelta dei colori poi, vogliamo parlarne? Giallo, rosso, arancione, i colori scelti e murales meravigliosi nelle scuole dei paesi del nord Europa; le nostre scuole pareti bianche colore ospedale o azzurrino, per non parlare dei banchi verde spento. Non ditemi che ci dobbiamo rilassare, sì, certo, ma non dobbiamo dormire, dobbiamo sentirci attivi, creativi, dinamici e aperti all’altro.
Qualsiasi studio sulla cromoterapia, ci direbbe quanto influisce la scelta del colore per la scelta delle pareti e dell’arredo in una casa, figuriamoci per uno spazio pubblico come la scuola.
Vogliamo creare motivazione e dinamicità scegliamo rosso, arancione o giallo, vogliamo spegnere qualsiasi entusiasmo il grigio, l’azzurrino o il verdino.
Osserviamo poi le finestre, finalmente qualche scuola inizia a installare finestre grandi che facciano entrare luce, anche per una questione di risparmio energetico, vetrate grandi che permettano di guardare fuori, di avere un senso di continuità con l’esterno, non di sentirci in gabbia.
Ho parlato dello spazio perché non deve essere progettato casualmente: alla mattina vorrei entrare in una scuola colorata, ampia e accogliente. Non sono solo le persone a rendere uno spazio accogliente, ma anche gli spazi stessi rendono motivante il tempo trascorso all’interno di essi.
Spazio e tempo diventano motivanti in base a come vengono organizzati e progettati. Credo che prima di progettare una scuola ci si debba porre questi quesiti e fondamentalmente confrontarsi con la progettazione scolastica di altre nazioni a noi vicine.
Dalla considerazione di uno spazio come architettura quindi scelta di infissi, banchi, porte e colori, disposizione aule e spazi comuni, quale elemento fondamentale da tenere in considerazione in una scuola che favorisca scambi comunicativi e costruttivi, si deve poi considerare lo spazio come scelta di disporsi o disporre i colleghi durante una riunione in presenza: dove si colloca il leader/coordinatore o il leader/ dirigente? Sta nel mezzo di un cerchio, sta di fronte da solo con tutti i colleghi davanti? La posizione del leader chiunque esso/essa sia è determinante dell’atteggiamento di chi vorrebbe partecipare. Ci si sente realmente in un clima democratico laddove il leader (con tutti gli aspetti connessi al termine scelto) siede solo davanti a tutti?
Cosa mi può comunicare con tale disposizione? Perché non scegliere il cerchio dove ci sente tutti nella stessa possibilità comunicativa, più familiare e più democratica?
Penso sempre al fatto che sempre più con i ragazzi si creano situazioni educative e didattiche dove la disposizione è il cerchio, talvolta problematica per gli spazi che non sono sufficienti alla disposizione delle sedie in cerchio e bisogna uscire, pertanto dall’aula, perché non si riesce a proporla.
Vero che bisogna scegliere quando e come proporla e rientra in una studiata metodologia didattica, però è vero che ci può insegnare molto sulla comunicazione tra pari e sulla comunicazione tra adulti/colleghi che devono discutere e prendere delle decisioni.
Rispetto alla questione spazio nella scuola come edificio e realtà di socializzazione, rifletto sul fatto che lo spazio della scuola deve essere pure un qualcosa dal quale andare oltre. Mi spiego meglio: visto le classi affollate, vista la difficoltà di collocare talvolta i bambini/ragazzi come sarebbe più consono per una lezione interattiva e democratica, è necessario e utile uscire dal concetto spazio-scuola-edificio per fare didattica anche nel cortile, sui gradini con un foglio di album in mano, o un libro, o durante una passeggiata.
La progettualità educativa creativa fa uscire la scuola dal concetto-limite di mura per scendere nelle piazze, nelle strade, nei parchi e laddove sia possibile fare scuola.
La scuola diventa allora POSSIBILITA’ di dialogo, di confronto con istituzioni, associazioni del territorio, che non sono solo loro ad entrare a scuola, ma sono i bambini/ragazzi ad incontrarle fuori rendendoli protagonisti del loro percorso educativo.
Il concetto come spazio fisico/edificio va, pertanto, oltrepassato, per aprirsi all’esterno.
Pensiamo anche alla didattica digitale che ci apre proprio al mondo virtuale, un mondo altro fuori dallo spazio fisico, ma la presenza vera, quella fatta di sguardi, di comunicazione, di prossemica, di empatia è secondo me essenziale per creare motivazione, entusiasmo e crescita del soggetto e del soggetto nel gruppo.
Concludo riflettendo che, a mio avviso, bisognerebbe volgere uno sguardo, quando si costruisce un edificio scolastico ad una vera progettualità educativa che sia soprattutto basata sul creare motivazione ad entrare in quello stabile o in quella costruzione. La scuola dell’obbligo deve essere una struttura fisica e mentale che mette a proprio agio chi la frequenta.
La scelta degli spazi, ribadisco, non deve essere casuale o basata su schemi passati, bisogna guardare anche alle scuole di altre nazioni: come vengono strutturate? Come vengono organizzati gli spazi? Un confronto di crescita è necessario, per creare una scuola come comunità e non come singole particelle che vi si muovono all’interno, talvolta disorientate senza quel senso di scoperta o di stupore.