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Le disobbedienti: Euridice, un potente riscatto di vita o di idealità, di Gabriella Cinti

Euridice: La disobbedienza in quanto ribellione.
Leggiamo con partecipazione per immergerci in questo personaggio femminile e ritrovarci in qualche modo nella sfumatura della parola di Gabriella Cinti.

Introduzione a Euridice a Orfeo

Euridice, in greco Εὐρυ- δίκη, significa letteralmente, la grande giustizia. Questo testo, quasi programmatico della mia raccolta (che ha il significativo titolo Euridice è Orfeo, già uscita per Achille e la Tartaruga nel 2016), intende rivendicare a questa figura il ruolo di generatrice della poesia, a partire dal suo sacrificio destinico. Un sacrificio che, se annulla il suo corpo, grazie all’Amore supremo che lei incarna, sancisce una superiore Giustizia che la connette alla nascita della Poesia. Inoltre io sono orientata a ribaltare la sua condizione di vittima, la sua subordinazione a Orfeo, per identificarla piuttosto in un ruolo di Sacerdotessa o Dea del profondo, come il prefisso greco, nelle sue accezioni di “grande”, “potente”, “esteso”, lascerebbe intuire. Questo prefisso, infatti, è spesso attribuito a figure mitiche femminili sacrali, al punto che il mitografo Robert Graves giunge addirittura a cogliere in Eurinome, una dea cosmica primordiale, connessa a deità sumere, generatrice attraverso l’uovo cosmico di tutte le cose.
Nel caso di questa poesia, si tratta di una specie di immaginaria quanto impossibile epistola verbale ad Orfeo, in cui Euridice proclami la sua superiorità di un livello in qualche modo divino, raggiunto attraverso il proprio annullamento fisico. In realtà, lei esige una ridefinizione del suo personaggio oltre lo schematismo di una tradizione di doppia esclusione, dalla vita e dalla creatività divina, leggendario attributo orfico che ha offuscato Euridice e ora necessariamente da sovvertire. La tragedia di una duplice morte e la delusione straziante per la superficialità di Orfeo, ricompongono il destino di Euridice all’insegna di un significativo risarcimento che ho inteso mettere in luce con determinazione. Quindi Euridice manifesta una funzione ben più che puramente partecipativa, secondaria, nella genesi della poesia nel mondo occidentale, ma ne incarna un autentico, sia pur drammatico, protagonismo. Per tali ragioni, questa eroina figura nel titolo, in una modalità identificativa solo apparentemente provocatoria ma anzi chiarificatrice: in tal senso, grazie alla poesia e al mio introiettare il mito, mi sono posta sulla scia di una affiliazione personale a questa remota ma viva sorgente di una poesia a cui il femminile mitico abbia contribuito in modo decisivo. Euridice quindi come una sorta di Dea o da pensare in una Sacralità indeterminata, in una creaturalità ancestrale da sentire empaticamente vicina, perché da questo femminicidio archetipico, sia pure indiretto, possa scaturire un potente riscatto di vita o di idealità.
Vi si legge indirettamente il tema della disobbedienza in quanto ribellione a posteriori, condotta dal femminile che – nel tempo storico – si riappropria del mito di Euridice, smascherandone i camuffamenti del retaggio maschilista che ha fortemente condizionato il mondo greco, per farne una eroina di quel femminismo ontologico, che è il cardine del mio pensiero antropologico o, volendo essere più specificamente coerente, del mia idea di “androginecesimo”.

Testo poetico
EURIDICE A ORFEO

Sarà stato il mio non essere e per così poco
sono balzata agile nella luce
solo per farmi parola in te
per soffiarti le lettere, il canto vero, di carne
più eterno dei tuoi incanti di prima.
mi devi la natura di poeta,
il salto dal mito nel corpo di poesia.

Così per paradosso di afanìa
sono diventata per visione che cancella
lucerna di suoni negli occhi tuoi e del mondo.
Sono stata lo specchio del tuo perderti
non di perdere me
che dovevo insegnarti a morire
per divenire canto umano più alto di quello
con cui hai stregato pietre e natura.

Fuori dal mito.

Sono l’ombra che ti ha generato la voce,
mi hai dissolto per inverare la poesia
e vedermi ti ha accecato gli occhi divini
e le tue nuove pupille
rinunciano alla mia figurina
per prendere il mondo
nell’occhio parlante della poesia.

Eppure io sono la tua Causa
hai perso il mio nome e il mio polso
ma mi troverai in tutti i nomi e in ogni mano,
nel cristallo della mia voce trasparente
ti screzierò il mondo in un prisma.

Ti guido nel canto
Amore nudo e potente, persa come soggetto
lampeggiante come dea e Tua Musa.

Sei sceso in Te, oltre Ade, oltre i facili prodigi
donati a te dagli dèi,
e per me ti aggiri nel cammino
del creare, terra di conquista
dove solo la mia ombra ti fa essere.

E la mia giustizia ha fatto
del mio riflesso la tua immagine
e precipitando la distanza mi sono fusa in te
perché Poesia nascesse dal mio sacrificio.

Ti ho permesso di perdermi e di perderti
perché poesia geminasse nel mondo da te e oltre te,
negli oracoli di sogno della tua testa spiccata.

Solo l’Amore rinuncia a vita, corpo, e memoria
per essere solo Parola,
nomi di fuoco per accendere la notte del mondo.

Non essendoci più e forse mai stata,
sono vissuta giusto il tempo di morire
e di donarti la vita oltre la mia e la tua morte.

Possa il fruscio delle vesti mai avute,
dell’abito d’ombra che Moira mi ha tessuto,
essere la vera lira del tuo canto
e tornare agli dei per la strada dell’Uomo.

E sapere che mie sono le tue ali.

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