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Il diritto di essere sé stesse: Quando le bolle di sapone, fatte nel nostro paese erano meravigliose…

Questo testo di Ilaria Serra ci parla di abbandono della propria terra, costrette dalla vita.
“Lasciare la propria terra è lasciare una terra, un luogo, una via, una casa e poi a volte una famiglia, dei genitori, dei figli e degli amici…una rete di relazioni che si intesse negli anni e tu dovrai imparare a tenere questi fili o quelli che poi alla fine saranno i più forti anche nella distanza”, scrive Ilaria.
Leggiamolo insieme per sapere leggere in noi stesse.

Costrette a lasciare la propria terra

Lasciare la propria terra è lasciare …una rete di relazioni intessuta nel tempo
Restare nel luogo dove si nasce, si è cresciuti, ci si è costruiti una rete di relazioni non è semplice. A volte si è costretti, proprio perché il luogo natio non dà sopravvivenza.
Questa pagina di Ilaria è un invito a cogliere il meglio dalla vita, cercando di adattarsi alle situazioni con la consapevolezza che, se sappiamo guardarci intorno, possiamo trovare l’aiuto necessario per navigare in acque diverse dalle conosciute.
Terra è spazio, terra è simbolo del corpo che si distende a prendere la forma proprio di quel luogo vissuto, ascoltato, annusato, sentito nelle papille gustative, toccato, immaginato da nuove prospettive della mente. Spostarsi dalla propria terra verso un dove, richiede coraggio, forza, speranza.

Lasciare la propria terra è lasciare una terra, un luogo, una via, una casa e poi a volte una famiglia, dei genitori, dei figli e degli amici…una rete di relazioni che si intesse negli anni e tu dovrai imparare a tenere questi fili o quelli che poi alla fine saranno i più forti anche nella distanza. Migrare è sognare, sognare di avere quello che nella tua terra non avevi: una casa, una famiglia, degli amici e soprattutto un lavoro. Ma poi come bolle di sapone, piene di meraviglia con i mille colori delle nostre aspettative ci ritroviamo nel nuovo mondo con solo acqua e sapone. Il primo periodo è sempre difficile, è il periodo dell’acqua e sapone che spesso non sappiamo come usare, dimentichiamo di fare le bolle e ci ricordiamo come invece le bolle di sapone fatte nel nostro paese erano meravigliose…li sapevamo usare entrambi gli elementi. Così ho l’immagine di tante donne che ho incontrato nel mio lavoro di facilitatrice linguistica e di counselor transculturale, donne che spesso hanno lasciato tutto per raggiungere il marito a volte conosciuto poco o sconosciuto. Donne che sono alla ricerca di un futuro migliore per sé o per i propri figli; donne a cui sono stati negati tanti diritti nella loro terra che la fuggono per questo ma che arrivando in Italia si ritrovano con altri diritti negati. Ricevo una sicurezza fisica, non ho pericoli qui ma dove è la mia sicurezza economica? Dove è la mia sicurezza relazionale? Dov’è la sicurezza che mi dà una casa mia? E dov’è la mia voce? Dove è la mia professionalità? Tutto viene azzerato, non ho più come donna questi diritti e se li ha mio marito questo non aiuta la mia libertà anzi spesso la ostacola ancora di più perché questi diritti non vengono riconosciuti non solo dal luogo dove vivo ma anche dalla mia famiglia e/o da mio marito. Perché devo imparare l’italiano, c’è qualcuno che lo sa per me (marito o figli). Perché avere un lavoro? C’è qualcuno che prende i soldi e io posso badare ad altro? Perché avere amiche? Mi deve bastare la mia famiglia. E dove è il mio diritto allo studio? Potrei finalmente avere un diploma o una laurea ma anche questo diritto mi viene negato, la famiglia ha la priorità e per l’università ci vogliono i soldi. Donne che arrivano con una valigia di bolle di sapone e per anni continuano a portare con sé quella stessa valigia con acqua e sapone che pesa, pesa molto di più di prima. Il mio essere donna tra donne a cui tanti diritti mancano ancora e per cui dopo secoli continuiamo a lottare è aprire lo sguardo non con la solita compassione per queste donne ma con sorellanza e fede. Sorellanza perché gli stessi problemi che abbiamo noi, le stesse lotte le fanno anche le donne algerine, tunisine, cinesi ecc. ma per loro oltre a essere donna sono donne, in paese straniero, senza lingua e con il colore della pelle diversa. Tutte queste intersezioni ovviamente aumentano il ventaglio di diritti mancanti. Fede, perché tante donne si sono riscattate e lottando e impegnandosi nei diritti che volevano acquisire si son riscattate. Il mio compito e il compito di noi tutte dovrebbe essere quello di far ricordare a queste donne cosa si può creare con l’acqua e il sapone e come una semplice cannuccia e soffio creano di nuovo quelle bolle pronte a volare con una ritrovata meraviglia. Ho visto tante volte questo miracolo, certo spesso sono solo inizi ma la conquista dei nostri diritti ha bisogno di piccoli passi, di inizi e soprattutto di sostegno e sorellanza nei momenti di crisi.
Abbiamo bisogno di fare insieme bolle di sapone perché dalla meraviglia tutto nasce!

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