In questo testo di Annamaria Longhin, studiosa di figure femminili dell’Italia risorgimentale e post-unitaria, scopriremo Ida Baccini, maestra e giornalista, vissuta nella seconda metà dell’Ottocento. Attraverso le indagini documentate della Baccini, leggeremo di “donne insoddisfatte della vita coniugale che abbandonano la famiglia in nome della loro libertà,”… modelli sociali in cui la donna riveste un ruolo di totale alterità rispetto ai ruoli maschili, spesso anche di sottomissione”.(Scrive Annamaria Lonhin)
Un grazie speciale ad Annamaria, alla sua passione per gli approfondimenti sull’universo donna!
Modelli educativi di fine Ottocento: La fanciulla massaia
Ida Baccini (Firenze, 1850-1911), figura di grande rilievo nel panorama fiorentino postunitario, fu scrittrice, maestra, giornalista, donna con una profonda vocazione civile e morale. Con la sua produzione letteraria ci propone uno spaccato di vita di fine Ottocento in cui la figura femminile, generalmente di ceto medio, diventa protagonista di una narrativa che fornisce modelli educativi di genere molto radicati nel tessuto sociale italiano. Tra le sue numerose pubblicazioni, La fanciulla massaia rappresenta un testo scolastico proposto dalla fine dell’Ottocento ai primi del Novecento per educare le giovani ai doveri della donna e all’acquisizione di un comportamento appropriato al ruolo di moglie, madre, figlia, sorella. Nell’Italia post-unitaria, la narrativa per l’infanzia declinava le avventure per una educazione maschile fondata sul coraggio e sulla forza, per le bambine invece proponeva quadretti di vita familiare, spazi chiusi scanditi da una ripetitività di gesti, che intendevano formare moralmente le giovani donne, invitandole alle buone maniere, alla gentilezza, alla custodia della casa, alla sottomissione. Ecco cosa scriveva:
«Da casa della signora Caterina, le due fanciulle si recarono da Lucy, ov’era tutto sottosopra per la firma del contratto nuziale, fissata pel giorno dopo, e che doveva venir festeggiata con un lautissimo pranzo. (…). E Stefanino – disse Lucy nell’orecchio all’amica – il primo cuoco di Firenze, domani è dei nostri: figurati se si farà onore; credendo di farmi cosa grata, mi ha regalato questo libriccino, dove ci sono alcune ricette per improvvisare una minestrina o una chicchera di caffè. Vuoi leggerlo?
La Marietta, che nella sua qualità di fanciulla massaia non trascurava alcuna occasione per sempre più impratichirsi nelle cose domestiche, accettò di buon grado, e non appena glielo concessero le sue occupazioncelle, lo lesse da cima a fondo con grande attenzione.
Era un libriccino piccino piccino quello che il cuoco Stefanino aveva regalato a Lucy: un libretto che in mezz’ora si poteva leggere, e che una massaia poco esperta nelle grandi operazioni gastronomiche, poteva agevolmente tenere in tasca tra l’agoraio e l’anello da cucire. Del resto, ho detto grandi operazioni gastronomiche così per dire, ché anzi in quelle paginette non c’era nulla di luculliano; era una specie di cuoco pratico, molto economico e adatto a tutte le tasche. Mie buone lettrici, vogliamo leggerne qualche paginetta anche noi? Lo so donne, lo so che non siete destinate a fare le cuoche, ma il saper fare un desinarino a garbo non guasta mica il galantuomo! Anzi! Vedete? Le antiche donne, le nobili castellane del medio evo s’intendevano di cucina che era un gusto sentirle discorrere: e quando capitava una visita al turrito castello, mettevano in un canto la rocca o la fascia trapunta e s’affrettavano ad ammannir focacce, pasticcetti e intingoli, che soltanto a rammentarli fanno venir l’acquolina in bocca anche ora! Dunque attente.
Se si ammala la mamma, come farò per prepararle una chicchera di brodo?
Farò bollir l’acqua, ci metterò il pezzo di manzo, compreso l’osso delle giunta, lo salerò convenientemente, e lascerò che continui a bollire a fuoco moderato, finché sia cotta la carne. Passerò poi il brodo per il colino, lo colorerò con un po’ di sugo di pomodoro e l’adoprerò a piacere. Se poi il bisogno stringesse e la mamma non potesse aspettar tanto, terrei quest’altro sistema: farei comprare o comprerei un bel pezzo di manzo senza grasso, lo triterei minutamente, lo pesterei quindi nel mortaio in modo da ridurlo una pasta, e lo metterei al fuoco con poc’ acqua e con un pizzicotto di sale. Dopo un quarto d’ora di bollore colerei il brodo in uno staccio, spremendo con forza la carne, lo rimetterei quindi sul fuoco a riscaldare, e lo darei alla mamma».
Educate per secoli in relazione al ruolo che avrebbero dovuto svolgere all’interno della famiglia e della società, pur con le dovute distinzioni relative al ceto sociale di appartenenza, le donne sono investite di doveri, norme e codici di comportamento in tutti i processi educativi: dall’istruzione all’educazione domestica, dalle letture ai giochi. La loro educazione, di tipo prevalentemente morale, è basata sul controllo delle proprie emozioni, sull’obbedienza, sull’osservazione quotidiana di gesti e comportamenti di altre donne: madri, sorelle, maestre, su una formazione domestica utile per la famiglia. Capo chino, occhi bassi, abilità nelle faccende domestiche, nei lavori di cucito e di ricamo sono in genere le caratteristiche della giovane donna che aspira a un buon matrimonio e che anche la scuola pubblica insegna.
Rappresentativo di questo sistema è il presente passo di Ida Baccini che, con vivacità espressiva e sottile ironia, ci introduce in un mondo risorgimentale postunitario di educazione femminile in cui il contratto nunziale diventa la massima aspirazione per la famiglia e per la giovane che si prepara ad entrare nella società con il ruolo di moglie e quindi di madre, in una sorta di astorica ripetitività e di ordine precostituito. E’ la famiglia medio-borghese a cui la società ruota attorno e Ida Baccini, fornendoci spaccati di vita familiare emotivamente coinvolgenti, con bambine costrette a sostituire la madre ammalata nell’amministrazione della casa come nel racconto Una donnina o nello stesso testo La fanciulla massaia, o con donne insoddisfatte della vita coniugale che abbandonano la famiglia in nome della loro libertà, salvo poi pentirsene (come in Storia di una donna), ci fornisce modelli sociali in cui la donna riveste un ruolo di totale alterità rispetto ai ruoli maschili, spesso anche di sottomissione.
La discriminazione è ben visibile se si rammenta il famoso Codice Pisanelli entrato in vigore nel 1866 che, se riconosceva per le figlie il diritto di ereditare in condizione di parità rispetto ai fratelli maschi per la legittima, introduceva quell’autorizzazione maritale che sanciva la sua minorità da sposata. In nome dell’unità familiare, tale istituto vincolerà fino al 1919 la possibilità delle mogli di gestire non solo il patrimonio comune, ma anche i beni parafernali personali e i «frutti del proprio lavoro», oltre che il diritto di tutelare i propri interessi per via giudiziaria.
BIBLIOGRAFIA
Donne e giornalismo. Percorsi e presenze di una storia di genere, a cura di Silvia Franchini e Simonetta Soldani, Milano, Franco Angeli, 2004.
Ida Baccini, La fanciulla massaia. Libro di lettura per le scuole elementari femminili superiori, Firenze, Bemporad, 1908, XI° edizione aumentata e corretta, pp. 199-201 (I ediz. nel 1880). Sul frontespizio di questa edizione si legge: (testo) «approvato dal Consiglio scolastico e adottato dal Ministero per le scuole italiane dell’estero».
Ida Baccini, in Dizionario Biografico Treccani, ad nomen.
Ida Baccini, in Enciclopedia delle donne, ad nomen.
Lorenzo Cantore, Un’identità femminile moderna. L’autobiografia di Ida Baccini, in Espacio, Tiempo y Educacion, v. 1, n, 1, enero-junio 2014, pp. 31-54.
Chiara Saraceno, Le donne nella famiglia: una complessa costruzione giuridica 1750-1942 in Storia della famiglia italiana 1750-1950, a cura di Marzio Barbagli e David Kertzer, Bologna, Il Mulino, 1992, pp. 103-128.