Educare alla positività?
di Sara Cappelletto
Educare alla positività?
In questi tempi in cui il termine positività viene ascoltato con timore, forse è importante tornare all’origine di tale parola per risignificare qualcosa che è andato perduto. Positivo è ciò che c’è, pragmatico, affermativo. Ha a che fare con la realtà.
Anche questo termine deriva dal latino e si riferisce a ciò che viene posto: a ciò che esiste. Ecco allora che è chiaro come, sin dall’origine, la positività non sia collegata direttamente a qualcosa di entusiasmante, ottimista, speranzoso, ma, molto più semplicemente, all’arte di tenere i piedi per terra (che può avere come effetti collaterali quelli scritti sopra). Essa è spesso un dovere morale ed etico, che ci aiuta ad affrontare la vita e a stare con quello che c’è, con consapevolezza.
Quando si parla di psicologia positiva, si desidera fare riferimento a concetti possibili, con effetti concreti, quali la gratitudine, le emozioni, la forza, il coraggio, la consapevolezza del proprio sé. Sono inoltre le competenze prosociali a beneficiare di tale approccio, come la compassione, l’empatia e la tolleranza. Esse, infatti, nella relazione educativa, non sono fini a sé stessi per l’essere umano, ma complementari al suo sviluppo sociale. Crescita questa che, sistemicamente, agevola anche l’evoluzione dell’apprendimento: più il bambino sta bene con sè stesso e con gli altri, e più impara (Bonell e al., 2013).
Ma come avviene tale trasmissione di positività? Innanzitutto instaurando con i nostri bambini e le nostre bambine relazioni basate su comunicazione, sano esempio, fiducia, rispetto reciproco e collaborazione. Non ci sono punizioni o permissivismi: c’è la collaborazione di tutti, guidata da un istinto naturale: il bisogno di sentirsi parte dei nostri gruppi sociali. In primis, quindi, della nostra famiglia.
Jane Nelsen, fondatrice della Positive Discipline negli Stati Uniti (che fa leva sui principi della psicologia di A. Adler e R. Dreikurs) propone cinque criteri fondamentali per vivere un’educazione positiva:
1. Educazione come ponte tra gentilezza e fermezza. Le regole sono necessarie, tanto quanto farle rispettare. Ma sarà il nostro esempio (in primis), il modo empatico, la dolcezza e il rispetto per il nostro bambino che le renderà più o meno assimilabili e assimilate.
2. Per i bambini è importante “appartenere”. Sentire di far parte di un gruppo è un bisogno esistenziale. Essi escono da una totale unità con la madre per arrivare alla consapevolezza della loro interezza. Ecco quindi che favorire la loro collaborazione può essere un modo per farli sentire parte di quel tutto che ci circonda.
3. L’educazione alla positività ha un’ottica di lungo periodo. L’urlo o la punizione “funzionano” (o meglio, bloccano) sul momento. Un’efficace educazione, invece, prevede la consapevolezza di sapere che cosa vogliamo trasmettere, ai nostri bambini e alle nostre bambine, per la vita, e non solo per il momento. E tutto questo, contribuirà a costruire i tanto preziosi ricordi della loro vita.
4. L’importanza di sviluppare competenze sociali e utili per la vita. Imparare il valore del rispetto delle regole, risolvere i conflitti, autocorreggersi, saper trovare delle soluzioni condivise, … sono variabili fondamentali per tutta la vita, e in vari contesti (anche in quello professionale, se vogliamo pensare al futuro).
5. Il bambino è competente, e deve essere il primo a rendersene conto. Così potrà crescere integro e con una sana autostima.
Ed ecco però che, come spesso succede, la teoria sembra semplice…ma la pratica? Cosa richiede? Fatica, presenza di spirito, consapevolezza dei propri schemi e desiderio di farli evolvere. Solo così il comando potrà lasciare spazio…al compromesso; lo stress…all’empatia; le gare per essere educatori perfetti…alla consapevolezza e all’accettazione.
Certi che è solo fermandoci che, spesso, tutto fluisce.
Psicologa e Mediatrice Familiare
Autrice della collana di libri di Fragolina Adelaide
da www.labiolca.it/biolcalenda/rivista
2 Comments
Mi sembra una riflessione che ci esorta tutti a rivedere l’atteggiamento con cui osserviamo il mondo, e di conseguenza con cui trasmettiamo il messaggio educativo ai giovani
Grazie per avere letto, cara Rita
Marina