Di Sara Lindaver
Psicologa Psicoterapeuta Padova
Mal di stomaco, mal di pancia, mal di testa, dolori muscolari, malesseri fisici che non trovano giustificazioni mediche… sono situazioni che allarmano e lasciano la persona in uno stato di sofferenza fisica ma allo stesso tempo psicologica perché non si riesce a capire, a dare un senso al proprio malessere e a gestirlo.
I disturbi psicosomatici spesso risultano particolarmente invalidanti al punto da privare la persona della possibilità di affrontare con serenità la propria quotidianità come l’uscire di casa, il portare a termine il proprio lavoro, il fare delle gite, il pranzare fuori casa…
Solo dopo molti accertamenti mediche le persone tendono a rivolgersi ad uno psicologo… un po’ come ultima spiaggia dopo aver tentato molte altre soluzioni.
Le persone che incontro solitamente sono molto sofferenti e mi raccontano tutto il loro iter medico: si sentono impotenti e demoralizzate.
In un percorso psicologico il primo passaggio è quello di contestualizzare il sintomo, cercando di comprenderlo e di non farsi sopraffare da esso, riacquisendone in qualche modo il controllo.
Diversi fattori contribuiscono allo sviluppo ed al mantenimento di disturbi psicosomatici: aspetti di vulnerabilità individuale, periodi di stress intenso, caratteristici modi di porsi nelle relazioni con gli altri e particolari organizzazioni e funzionamenti familiari.
L’aspetto organico di natura medica non va in alcun modo messo in secondo piano, tuttavia dal punto di vista psicologico è importante riconoscere la rilevanza che i disturbi psicosomatici hanno nelle dinamiche relazionali e come l’aspetto psicologico possa avere un peso nella loro insorgenza, nel loro mantenimento, nella loro esacerbazione e/o nella loro remissione.
In queste situazioni, così come forse in tutte le condizioni mediche, la sola componente biologica spesso infatti non è in grado di spiegare nella sua totalità il decorso della patologia.
Quando incontro persone che manifestano una sofferenza organica presto attenzione da una lato alla storia ed al vissuto della persona e della sua malattia, dall’altro al contesto relazionale e familiare della persona.
Le dinamiche familiari di persone che presentano disturbi psicosomatici solitamente sembrano caratterizzarsi da situazioni che “penalizzano” coloro che manifestano difficoltà di tipo psicologico, considerando ad esempio la persona come dotata di poca volontà, e che, viceversa, sembrano comportare dei vantaggi secondari significativi per coloro che soffrono nel corpo, i quali, ad esempio, possono di conseguenza venire esentati da alcune mansioni o godere di maggiori cure ed attenzioni da parte delle persone che vi stanno attorno.
I disturbi psicosomatici spesso si manifestano in famiglie in cui la persona sofferente sembra essere incoraggiata all’autonomia, ma contemporaneamente sembra ricevere messaggi per cui deve prestare attenzione ai pericoli del mondo.
L’emergere di disturbi psicosomatici permetterebbe alla persona di vedere la situazione nei termini per cui: “Io sono autonomo ed indipendente, ma è il mio corpo malato che richiede l’aiuto e la vicinanza degli altri”.
Nella letteratura psicologica sono state descritte alcune caratteristiche familiari che sembrano favorire l’insorgere ed il mantenimento di disturbi psicosomatici:
L’invischiamento, ovvero una forma estrema di vicinanza fra i membri della famiglia, per cui ogni familiare è molto coinvolto nelle vite degli altri spesso con situazioni di mancanza di privacy reciproca,
L’iperprotettività, ovvero l’elevata frequenza di comportamenti protettivi anche laddove non necessari o richiesti,
La rigidità, ovvero la tendenza a resistere ai cambiamenti,
La tendenza ad evitare le situazioni di conflitto.
L’obiettivo di una lavoro psicologico finalizzato al benessere della persona è quindi quello di modificare la posizione che la persona tende ad assumere nelle relazioni con gli altri ai fini di ridurre le situazioni di stress e rendere privo di senso il proprio sintomo.