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Diritti traditi: battersi affinché la propria esperienza di malattia possa diventare “utile”

DALLA MALATTIA ALL’IMPEGNO CIVILE
di Maria Antonietta Auditore

L’esperienza di una donna che ha trasformato la malattia in impegno civile.
Maria Antonietta pone l’accento su una maggiore attenzione alla prevenzione del tumore al seno per la salvaguardia della salute di ogni donna.
Un caldo invito a leggere!

Cosa vuol dire avere 40 anni oggi per una donna?
Nel mio caso è stato un decennio intenso e vissuto a tutta velocità:
la famiglia con 2 gemelli che da bambini diventavano adolescenti, il lavoro che in quegli anni comportava il massimo impegno per consolidare un percorso di crescita, i genitori sempre più anziani che cominciavano ad avere bisogno delle mie cure ed attenzioni e poi c’era anche il matrimonio, una vita di coppia da preservare e proteggere da tutte le difficoltà e fatiche della vita quotidiana.
Ebbene, nonostante per formazione e per professione io conoscessi benissimo l’importanza della prevenzione e del prendersi cura di se’, paradossalmente proprio in quegli anni così intensi, in cui cercavo di avere il controllo su tutto e di far del mio meglio, ho dimenticato qualcuno che davo sempre per scontato: me stessa!
Avevo una grande consapevolezza dell’importanza di fare una mammografia all’anno dai 40 anni in poi, ma dai 42 anni, per tutto quello che mi girava intorno, ho semplicemente dimenticato di farle, e quando all’età di 46 anni ho sentito quel nodulo al seno alla palpazione…ero convinta di avere fatto l’ultima mammografia l’anno prima e invece erano passati 5 anni.
La mia vita, quella vita così piena, intensa e veloce, si è fermata all’improvviso per un anno intero: è stata dura, è stato un percorso lungo ma ne sono venuta fuori.
Ho ripreso il mio lavoro, ho ricominciato a vivere, ma nulla è più stato come prima:
la consapevolezza che se avessi fatto una mammografia almeno un anno prima, il mio percorso sarebbe stato più semplice e gli esiti migliori, mi faceva provare un senso di colpa nei confronti della mia famiglia che non mi dava pace.
Così ho iniziato a maturare l’idea di battermi affinché la mia esperienza di malattia fosse “utile” alle altre donne: ho studiato, ho approfondito, chiesto ai senologi e oncologi che avevo conosciuto, alle associazioni pazienti ed ho scoperto che se lo screening mammografico per il quale una donna viene chiamata a fare prevenzione fosse anticipato rispetto ai 50 anni di età, molte donne potrebbero avere quella diagnosi precoce che io e molte altre non abbiamo potuto avere, perché l’incidenza di malattia sta aumentando proprio in quella fascia di età.
Dall’ottobre 2018 è iniziato una raccolta firme a Padova dove vivo, ma che ha coinvolto tutto il Veneto, per chiedere alla regione di anticipare l’età dello screening mammografico ai 40 anni, come ben 2 linee guida internazionali suggeriscono.
In meno di un anno abbiamo raccolto 10.000 firme grazie ad associazioni e singoli cittadini, nel dicembre 2019 siamo stati invitati in Senato per sostenere una mozione parlamentare affinché a livello nazionale si abbassasse l’età dello screening mammografico almeno ai 45 anni (come già fanno alcune regioni come l’Emilia Romagna e il Friuli).
Poi è arrivata la pandemia e tutto è andato perso…ma qui nel Veneto la raccolta firme continua, abbiamo superato le 12.000 firme ed ogni occasione è buona per ribadire l’importanza della diagnosi precoce: prevenire è meglio che curare!
Oggi collaboro con associazioni pazienti, associazioni civiche e faccio parte del direttivo provinciale di un partito politico: non mi fermerò finché non avremo ottenuto una maggiore attenzione alla prevenzione del tumore al seno e quindi alla salute delle donne.
10 Novembre 2023

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