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Diritti e Società: La realtà dell’ecovillaggio tra utopia e realtà di Ilaria Goffo

Diritti e Società: una prospettiva di vita possibile, gli eco-villaggi

Sempre stimolanti gli articoli di Ilaria Goffo. Oggi ci suggerisce come portare avanti “un progetto di vita sostenibile, a livello ecologico, sociale, spirituale ed economico”.

Di Ilaria Goffo

In questi giorni, in cui mi sono fermata per riposare un po’ ho potuto riflettere molto su come vivo, quanto corro, quanto mi affatico per diverse finalità, potendo così portare non casualmente l’attenzione alla realtà degli eco-villaggi. Mi sono avvicinata a questo tipo di ricerca in internet e guardando dei programmi televisivi sul tema. Mi è apparso subito un argomento interessante sotto molti aspetti. Ho iniziato a fare delle semplici ricerche digitando la parola ecosostenibilità, vacanza green ecc … e mi è apparso proprio questo termine “eco-villaggio”.

Innanzitutto che cos’è un eco-villaggio? Ė una realtà comunitaria nella quale cinque o più persone, non tutte appartenenti alla stessa cerchia familiare, decidono di vivere e costruire delle basi comuni per portare avanti un progetto di vita sostenibile, a livello ecologico, sociale, spirituale ed economico.

Questo tipo di situazioni che, continuano a proliferare in tutto il territorio italiano, attraggono molta curiosità e attenzione, soprattutto per chi è chiamato ad essere parte attiva del cambio di paradigma sociale a cui stiamo assistendo.

Spesso possono risultare entità “mitologiche” oppure con una forte connotazione politica o spirituale, ma si tratta di luoghi fatti di persone, mani, menti, cuori, saperi e aspirazioni che scelgono di remare tutti insieme e impegnarsi ogni giorno a raggiungere obiettivi comuni.

Obiettivi che possono essere i più vari, come fare insieme un orto o un pollaio, trovare la via per trasformare i conflitti interpersonali o farsi custodi di luoghi incontaminati o abbandonati, gesti apparentemente semplici che racchiudono la strada verso il cambiamento della società a partire da se stessi e dalle proprie scelte quotidiane.

Ciò che appare “utopia” sembra diventare concreta esperienza in molte parti d’Italia, davvero molte. Ci sono molti siti, pagine facebook e quindi direi molti canali per arrivare a interessarsi o a provare per un periodo di tempo più o meno lungo a vivere in una comunità di persone che lavorano per condividere obiettivi, prodotti della terra e quindi ideologie e scelte di vita.

Mi piace molto l’idea che questa prospettiva permetta a persone che si trovano a vivere situazioni  economicamente disagiate, di lavorare la terra, di pulire delle vecchie case, di curare orti, di curare animali domestici o di fattoria per qualche ora al giorno in cambio di vitto e alloggio. Può persino essere, oltre che una scelta di vita, un modo proprio per riuscire a “campare” attraverso l’ottica della condivisione e della partecipazione.

La prospettiva di una realtà dove le persone che vi si trovano all’interno operano per sostenersi, mangiando i prodotti dell’orto, cucinando assieme, producendo il pane in casa, organizzando le pulizie, condividendo i mezzi di trasporto, vestendo abiti ottenuti con lo scambio o di seconda mano, davvero sta prendendo piedi nella nostra nazione e non solo. Sono i giovani che scelgono questa via, alcuni perché non condividono i ritmi veloci della società consumistica e globalizzata, altri perché vogliono cambiare strada rispetto a quella standardizzata e preconfezionata che affatica, stressa, fa perdere il valore umano e dell’autentica relazione.

Ci sono sempre più persone che scelgono la terra, che lasciano tutto per la terra. Perché?

 

 

 

Penso a me, a quello che provo quando sono a contatto con la terra: cammino sull’erba, sulla terra, sulla sabbia, o sento i profumi dei fiori, della corteccia, delle foglie secche, ascolto i canti degli uccelli o il vento tra i rami. Niente è paragonabile alla magia che offre la terra a noi umani incapaci di rispettarla a dovere, risvegliando anche i sensi sopiti, che usiamo male o riempiamo di caos.

Ricordo un racconto di una persona a me cara, di qualche anno fa: “ho ricevuto la notizia che mio marito aveva avuto un incidente mortale e sai dove sono andata? Sono subito corsa d’istinto a toccare la terra, mi sono buttata proprio sull’erba della sera, sul mio prato, piangendo le lacrime che non pensavo di avere, come se il suolo mi proteggesse, mi prendesse tra le sue braccia, raccogliesse tutte le mie lacrime e la mia disperazione”.

Sulla terra quella persona ha versato tutte le sue lacrime e sulla terra ha trovato la sua pace, ripensando alla sua vita, cambiando professione e dando un’autentica svolta al suo modo di vivere.

Chiamati a tornare alla terra per salvarci, chiamati alla terra per salvarla, un gioco di parole per persone consapevoli che non si arrendono ai ritmi innaturali di questa società.

 

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