Di Anna Ricci
Anche quest’anno è iniziato il tormentone. Quale???
Il Festival di Sanremo, che sembra essere diventato l’evento più atteso da tutti gli Italiani o quasi.
Ogni sera, dopo il Tg 1, stiamo davanti alla TV pronti a carpire le “ rivelazioni” che ci vengono sapientemente centellinate avvolte in un alone di mistero, riguardanti i personaggi che vi parteciperanno o dettagli dispensati con sapiente malizia allo scopo di stuzzicare la nostra curiosità e far incollare i nostri occhi al piccolo schermo.
Penso che se noi avessimo la stessa attrazione nei confronti di un libro, di un buon libro, forse saremmo un popolo più colto e capace di discernere in maniera più lucida e chiara gli avvenimenti che turbinano intorno a noi e nei quali rimaniamo avviluppati senza nemmeno rendercene conto.
Il Festival di Sanremo, ovvero della canzone italiana, è un festival musicale che si tiene ogni anno in Italia, appunto a Sanremo, fin dal lontano 1951, trasmesso in diretta televisiva e radiofonica nonché in Eurovisione dal 1955.
Impossibile ripercorrere tutte le trasformazioni e i regolamenti che nel corso delle varie stagioni fino ad oggi sono stati apportati e si sono succeduti.
Sappiamo che i brani devono essere composti da autori italiani, devono essere inediti e che i tre vincitori saranno votati da giurie scelte o con il televoto.
Un tempo gli artisti si esibivano in playback fino a quando nel 1985 Claudio Baglioni, invitato per ricevere il premio alla “canzone del secolo”, cantò dal vivo.
Innumerevoli i cantanti che sono saliti sul palco dell’Ariston nelle varie edizioni: Modugno, Rascel, Mina, Celentano, Paoli, Tenco, Dalida, Albano, Endrigo, Ranieri e Mia Martini…tanto per citarne alcuni e molti altri che per ovvie ragioni “ tecniche” non riesco ad elencare e me ne scuso.
Se pensiamo all’epoca in cui è stato ideato da Nicola Amato e Angelo Nizza-1951-posso capire cosa abbia potuto significare il festival per un popolo uscito da poco dalla guerra, avviato verso il boom economico e con tanta voglia di “leggerezza “ di riprendere a vivere.
Ma già nel 1969, Pier Paolo Pasolini manifestando abbastanza apertamente una critica al conformismo, denuncia un vuoto culturale di cui faceva parte, ahimè, anche il Festival di Sanremo.
E come riempire questo vuoto culturale?
Durante gli ultimi anni abbiamo assistito quasi ad uno stravolgimento del Festival di Sanremo in una metamorfosi continua, non conforme alla sua natura e alla sua origine, in una ricerca forsennata di novità.
Siamo davanti, a mio parere, ad un tentativo maldestro di riempire di contenuti e di messaggi un contesto che era nato per tutt’altro.
Vero è che questo evento entra nelle case di milioni di italiani e ciò dovrebbe rendere ancora più responsabili i mass media, vista la possibilità di influenzare una massa enorme di persone nella mentalità, nei gusti, nelle scelte.
Non trovo sia corretto usare indiscriminatamente trasmissioni e spettacoli per far veicolare idee, indirizzi di pensiero, appartenenti alla sfera sociale, morale, etica per quanto giusti possano essere.
Ho qualche dubbio a considerare la Tv un mezzo a tutt’oggi con funzioni didascaliche come ai tempi del maestro Manzi; temo che sotto l’aspetto “ buonista” si camuffi il desiderio di aumentare l’audience e scalare le vette degli ascolti.
Seppur distrattamente, non ho potuto fare a meno, visto il bombardamento mediatico, di sentire che nell’ ultima serata parteciperà il Presidente Zelensky, pare on line in un video registrato. Questa eclatante notizia non può passare inosservata neanche agli occhi della gente comune come me.
Li per lì sono rimasta allibita e, senza entrare nel merito della questione –guerra, mi è sembrato che il sacro si mischiasse al profano, pur comprendendo le ragioni del Presidente dell’Ucraina. Ho pensato quanto gli uomini dello spettacolo e relativa “corte” osino spingersi oltre certi limiti, in terreni pericolosi e in maniera inopportua.
Ogni tematica, soprattutto se di grande rilevanza quale la guerra, deve essere trattata nell’appropriato contesto, conferendo la serietà e la solennità che merita senza alcuna strumentalizzazione e banalità.
Ritengo, inoltre, che nello spettacolo e nell’informazione debba esistere un ‘etica, un confine, un rispetto anche per il pubblico che, per quanto si creda, è formato da esseri pensanti.
A questo punto che fare ?
Suggerirei di chiamare il Festival di Sanremo con un altro nome…perché no?