Cinema! Cinema!
Uno sguardo attento, acuto su due mondi apparentemente distanti, ma così profondamente uniti dal dolore e dal dramma di una storia spaccata che pare ancora lontana dalla ricomposizione.
Ancora una volta Nerina Garofalo ci offre la possibilità di aprire la mente attraverso la personale cifra di donna critico-visiva che la caratterizza.
Perché ho amato vedere Fauda
Di Nerina Garofalo
Ho finito stanotte di vedere #Fauda (فوضى; “caos” in arabo) la serie televisiva israeliana del 2015, trasmessa in Italia da Netflix dalla fine del 2016, ed oggi arrivata alla quarta serie.
Al di là della sceneggiatura avvincente, e della profondità di tutti i personaggi, la serie ha a mio parere un realismo sconcertante. Essendo una serie e non un docufilm, o un documentario, ha forse imprecisioni e qualche forzatura drammatica di trama sentimentale, ma la ragione vera della affezione alla serie è che vedendola sembra per la prima volta di toccare con mano, in modo insostenibile, il dolore ineludibile del dramma del rapporto fra Israele, la Palestina, il mondo arabo e in fin dei conti il nostro mondo. Non è la prima serie israeliana che vedo, e sempre mi colpisce la capacità di descrivere universi in cui ci sono ragioni e torti da ambo le parti. Una sorta di implicita autocritica, accompagnata da un desiderio di racconto della propria storia, e a conti fatti dei propri errori. Ci sono tutti i temi del confronto fra la cultura occidentale, il mondo arabo, la storia ebraica, lo Stato di Israele, lo Stato della Palestina. I vissuti femminili, in tutte le culture e storie narrate complessi, ricchi, dolenti, pieni di sfumature. E’ una serie che canta Antigone, che canta il sentimento dei luoghi, dei legami. Non pretenderei che fosse una serie filopalestinese, essendo prodotta in Israele, ma mi arriva come un prodotto narrativo onesto, coinvolgente, attento alle ragioni di tutti, con un senso di dolore per la violenza da ogni parte essa arrivi, stravolgendo le vite personali, gli amori, le scelte. Credo sarebbe utile nelle scuole, per capire, per sentire quanto grande sia il lavoro che deriva dal provare a far convivere opposti sentimenti di giustizia, appartenenza, legame. E per comprendere quanto orribile sia la perdita dei diritti umani in tutti i contesti. A latere, in modo più leggero, grande fascino del protagonista Doron e della medica Shirin. Da Oscar Shadi Magari, nel ruolo di Walid El Abed nelle prime due stagioni. In tempo di guerra, serve capire quanto dolore ci sia dentro.