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ARTERIOSCLEROSI ED INDICI DI INFIAMMAZIONE

Maria Chiara Destro
Naturopata, Riflessologa Plantare e Floriterapeuta

Sfatiamo un falso mito e cioè che non è il livello di colesterolo in assoluto che contribuisce alla formazione delle placche, ma la L’INFIAMMAZIONE CRONICIZZATA dell’endotelio vascolare e un deficit del sistema antiossidante. Il colesterolo, trasportato nel sangue non in forma libera, è veicolato all’interno di strutture membranose dette “micelle” dotate, come tutte le membrane, di cariche elettriche positive sul lato esterno della membrana stessa. Quando una micella giunge a contatto con l’endotelio vascolare anch’esso costituito da cellule e quindi di membrane dotate di carica elettrica esterna positiva, subisce una forza di repulsione in virtù della eguale carica elettrica. Questo permette al colesterolo di non depositarsi nella parte esterna dei vasi sanguigni, dove avviene lo scorrimento ematico.

L’arteriosclerosi è la conseguenza di un danno infiammatorio della parete vascolare e del tentativo dell’organismo di ripararlo.

Il danno infiammatorio è causato da “tossine” (microbi, fumo di sigaretta, ipertensione, radicali liberi ecc). L’organismo ripara il danno mediante l’aggregazione piastrinica, la coagulazione del sangue e fattori di proliferazione cellulare. Nella zona lesa si forma un tessuto fibroso composto da cellule in fase di disaggregazione (quindi colesterolo), calcio e trigliceridi. In questo modo si spiega come avviene la formazione della placca.

Per arteriosclerosi si intende un complesso di alterazioni a carico delle arterie di piccolo, medio e grosso calibro; i nostri vasi hanno al loro interno una sottile membrana detta endotelio, che consente al sangue di rimanere fluido; se in qualche modo questo viene danneggiato inizia l’arteriosclerosi.

Quando ciò accade, i grassi contenuti nel sangue si infiltrano tra l’endotelio e lo strato sottostante facendo perdere la capacità di mantenere fluido il sangue; così iniziano ad accumularsi alcune sostanze in quel punto che in futuro daranno origine ad una placca, che sarebbe un indurimento abbastanza circoscritto della parete di un vaso. Una volta che questa placca si è formata tende sempre ad accrescersi, ostruendo sempre di più il normale flusso sanguigno; riducendo man mano che si accresce ovviamente anche l’ossigeno e le sostanze nutritive che essa irrora. Può accadere anche che una di queste placche si stacchi o si rompa in frammenti più piccoli generando un embolo, che successivamente potrebbe andare ad ostruire un vaso più piccolo. L’estensione della malattia può variare molto, da poche placche isolate fino ad arrivare sino alle forme molto gravi in cui tutto l’endotelio è sostituito da queste placche e quindi la parete arteriosa perde del tutto la sua naturale elasticità.

Le cause che portano alla formazione di queste placche non sono ancora del tutto chiare, comunque ci sono alcuni fattori che le favoriscono e sono:

– Dieta ricca di grassi saturi

– Obesità

– Età avanzata

– Predisposizione genetica

– Fumo di sigaretta

– Alti livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue

– Scarsa attività fisica

– Consumo eccessivo di alcool

– Diabete

– Pressione sanguigna elevata

– Stress

L’ aterosclerosi è una malattia subdola e silente, si sviluppa nel corso degli anni senza dare alcun sintomo e quando si manifesta (di solito fra i 40 e i 60 anni) la situazione è già molto evoluta; è la malattia del “benessere alimentare” perché nei paesi sottosviluppati dove non c’è un eccessivo apporto di grassi animali e si svolge più attività fisica la malattia è quasi assente all’età che si manifesta invece nei paesi sviluppati.

Altri due indicatori, oltre ai livelli di colesterolo, aiutano nella valutazione dello stato infiammatorio endoteliale:

L’OMOCISTEINA

L’omocisteina è un metabolita prodotto fisiologicamente dal nostro organismo ed un suo eventuale accumulo (iperomocisteinemia) è il risultato di uno scorretto metabolismo della metionina. Tale squilibrio metabolico è dovuto alla mancanza di coenzimi coinvolti nell’eliminazione dell’omocisteina, ossia vitamina B12, vitamina B6 e folati. Tale mancanza risulta da carenze enzimatiche e/o vitaminiche ed è indice di una malattia metabolica o di una non corretta assunzione tramite l’alimentazione di taluni nutrienti essenziali.

Gli studi hanno indicato che livelli elevati di omocisteina sono un fattore di rischio che favoriscono patologie cardiovascolari, steatosi arteriosa progressiva, aterosclerosi, aborti spontanei, difetti neonatali demenza e funzioni cognitive compromesse. L’iperomocisteinemia rappresenta un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari tanto da essere definito “il nuovo colesterolo”. In particolare si è dimostrata un fattore di rischio aggiuntivo per la salute di quelle persone affette da ipercoleterolemia, ipertensione, malattie coronariche, aterosclerosi.

Il meccanismo attraverso il quale l’iperomocisteinemia favorisce l’insorgenza dell’aterosclerosi è principalmente lo stress ossidativo, con la formazione di perossido di idrogeno ed in seguito per ossidazione dei lipidi, con successiva alterazione della funzione endoteliale e della capacità di coagulazione del sangue.

LA PROTEINA C REATTIVA

La proteina C reattiva, sintetizzata dal fegato e dagli adipociti, è una proteina, che aumenta la sua concentrazione ematica nella fase acuta di varie malattie, nei processi infiammatori ed in seguito ad alcune operazioni chirurgiche; dopo un evento acuto, nel giro di poche ore i suoi livelli possono raggiungere valori centinaia di volte superiori rispetto alle condizioni basali.

I livelli di proteina C reattiva aumentano significativamente in risposta ad una grande varietà di situazioni, tra cui infezioni di origine batterica e virale, infarto miocardico, neoplasie maligne, reumatismi articolari acuti, e morbo di Crohn.

In generale, quindi, elevati livelli di proteina C reattiva indicano che l’organismo è sottoposto ad uno stress considerevole, ma non forniscono informazioni utili sull’origine del processo patologico, che deve essere indagato attraverso altri esami.

L’infiammazione endoteliale è uno dei fattori principali che partecipano al processo di aterogenesi. Di conseguenza, elevati livelli basali di proteina C reattiva sono correlati ad un maggior rischio di coronaropatie ed infarto miocardico.

I valori plasmatici di proteina C reattiva non sono dunque importanti soltanto nelle fasi acute di varie condizioni patologiche; anche in una persona sana, la loro determinazione può aiutare a stabilire il rischio cardiovascolare globale.

In definitiva, il dosaggio dei livelli sierici di proteina C reattiva, congiuntamente a quello di altri parametri (LDL, HDL, omocisteina, colesterolo totale, e trigliceridi), aiuta ad ottenere un quadro più completo del rischio cardiovascolare, ma non può sostituirsi completamente ad essi (in quanto indice aspecifico dell’infiammazione).

L’utilizzo di statine, farmaci efficaci per ridurre la colesterolemia totale e LDL, promuove una diminuzione dei livelli basali di proteina C reattiva; ciò suggerisce un loro potenziale impiego nel controllo del rischio cardiovascolare in pazienti con elevati livelli basali di proteina C reattiva, tuttavia con le relative controindicazioni per quanto riguarda la sintesi di Coenzima Q10.

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Maria Chiara Destro lavora presso il centro Entelècheia Formazione, un centro di consulenza e formazione professionale: https://www.entelecheiaformazione.it/

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