Andare contro le consuetudini
Il diritto all’amore a qualsiasi età
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Quando l’amore è oltre “il tempo massimo” che gli stereotipi sembrano a volte imporci, due persone di una certa età si incontrano e si trovano travolte da una passione che mette a nudo la verità dell’amore, il coraggio di essere se stessi, con le proprie vite vissute, pronte a fondersi e, come scrive l’autrice, ”Ognuno portava con sé l’eredità del proprio passato, che era comunque preziosa, perché li aveva modellati così com’erano”.
FUORI TEMPO MASSIMO (dalla raccolta di racconti “IL Posto di Nenè” Delta3edizioni)
Lei aprì gli occhi che era appena l’alba, allungò la mano e sfiorò il corpo di lui, indifeso e tranquillo, disteso sul fianco, col respiro profondo, morbido e lento, un sospiro che fuggiva appena dalle sue labbra dischiuse, su quel viso d’uomo, eppure di fanciullo, così innocente nel sonno.
Sentirlo accanto ancora le dava una sensazione dal gusto dolce e caldo, come quel cappuccino che prendevano insieme la mattina, nella semplice quotidianità della loro cucina, col viso avvolto dal suo tiepido vapore, ugualmente accogliente e sereno. Eppure erano quattro anni che stavano insieme ormai, ma l’abitudine non era mai diventato tedio, era restata sempre una coccola. Per lei il corpo di lui era una certezza, un rifugio, un abbraccio, come per lui il corpo di lei era la creazione, una mano che lo portava.
Le piaceva accarezzarlo piano nel sonno, senza che lui se ne accorgesse, come si fa coi bambini quando dormono.
Lui invece l’abbracciava di notte, inconsapevole in parte, più per un istintivo bisogno di sentirla, concreta e viva accanto anche nei suoi sogni.
La luce fumosa delle mattine invernali s’inlanguidiva attraverso i fori delle persiane ed ingrigiva la stanza di ombre e chiarori lievi.
Lo guardava in quella semioscurità, dove si potevano percepire solo le sagome. Partiva dal viso e scendeva sulle spalle, il busto, i fianchi, le gambe, forme appena accennate, nascoste sotto le coperte, curve morbide, come il rilievo di una montagna vista da lontano, che si disegna sull’orizzonte. Ogni angolo di quel viso e di quel corpo erano cuciti nella sua memoria.
Lui allungò la gamba e la mise fra quelle di lei, aprì gli occhi indolente, con lentezza assonnata e ritornò ad addormentarsi.
Mentre lei ricordava…
I loro primi momenti insieme, il loro primo incontro, era stato tutto così irreale, uno di quei film d’amore americani degli anni sessanta, leggeri e divertenti eppure così romantici.
Si erano incontrati in un circolo, poi avevano scoperto di essere stati insieme più volte, a feste, a casa d’amici, in quello stesso circolo, ma non si erano mai visti, erano stati nella stessa stanza, a pochi metri l’uno dall’altro, quasi per sfiorarsi, ma non si erano incrociati, non era ancora il tempo. Poi finalmente si erano notati, riconosciuti forse.
Si erano rincontrati spesso, si erano raccontati un po’ per volta, a gocce, per pudore o per paura del giudizio dell’altro, per esplorare, nell’espressione del viso, un accenno di complicità o di empatia.
Ma gli occhi correvano avanti, non aspettavano che le loro menti si sciogliessero e si sentissero libere, già si guardavano troppo intensamente, troppo in fondo.
Poi, una sera improvvisamente, le labbra decisero di seguire gli occhi e si baciarono, dapprima si sfiorarono, come per riabituarsi al contatto con l’amore, poi forte con l’impeto di una necessità.
Si erano baciati per strada, incoscienti e rapiti, senza pensare che erano fuori tempo massimo, perché avevano già sessant’anni ed entrambi una vita già nascosta e conservata stretta nei ricordi. Se le mostravano, quelle loro vite, le dipingevano e raccontavano.
Ognuno portava con sé l’eredità del proprio passato, che era comunque preziosa, perché li aveva modellati così com’erano, entrambi lo capivano.
Lei, con la sua paura di sbagliare, di soffrire di nuovo, di essere dimenticata in un angolo, di dover ancora ascoltare menzogne o di essere costretta ad annegare la sua anima e le sue aspirazioni.
Lui con le sue ansie, in fondo simili a quelle di lei, col bisogno di certezze e di supporto, di qualcuno che gli dicesse che ciò che faceva era giusto.
Ma c’era qualcosa che li calamitava l’uno verso l’altro, qualcosa che li faceva fidare, che li tranquillizzava, come se già sapessero, come se si fossero già conosciuti prima, molto prima, in una vita prima di questa, in un universo prima di questo.
Non si erano scelti, non avevano valutato i pro ed i contro, non stavano insieme solo per farsi compagnia o per paura della solitudine, com’è consono a persone di quell’età. Invece erano solo andati uno verso l’altro e si erano innamorati, come dei quindicenni, spensierati, allegri, impulsivi e continuavano a baciarsi per strada, dovunque, davanti ad un bar, mentre passeggiavano, in macchina mentre attraversavano una stradina di campagna.
Accadeva che lui o lei si fermasse, si guardassero negli occhi, in una domanda che non aveva bisogno di parole né di risposte, per stringersi forte e baciarsi, come ragazzi invasi e guidati da sentimenti nuovi, incuranti del mondo intorno a loro, o forse non si accorgevano affatto di quel mondo.
Sentimenti di smania violenta gli turbinavano dentro, in un’incapacità di capire quale fosse il desiderio che li generava, come se questa fosse un’emozione ancora sconosciuta, impossibile da governare, eppure la loro adolescenza era passata da molto ed ora si ripresentava con la stessa pungente e frizzante necessità. I loro corpi erano sfioriti, morbidi, con pieghe che una volta non c’erano o rotondità troppo accentuate, ma loro si desideravano, desideravano ogni piega ed ogni ruga, che diventava seducente. Si vedevano al di là del tempo, oltre il loro corpo e si vedevano e sentivano ragazzi e cantavano sempre, cantavano insieme e ridevano insieme, si aggrappavano insieme alla vita che gli aveva dato quell’ultimo volo.
Lei si riaddormentò raggomitolata nel calore e nell’odore di lui, in testa le volava una canzone che sicuramente avrebbe cantato al risveglio, lui le avrebbe