Il canto dell’Amore: L’AMOR CHE MOVE IL SOLE E L’ALTRE STELLE
Testo e voce di Gabriella Cinti
Introduzione di Marina Agostinacchio
Ascolta il testo poetico al link:https://anchor.fm/lastanzadellevoci/episodes/Monologo-sulla-bellezza-e1lsh4e
Parlare dell’Amore si può in infiniti modi, e diversi. Ma questo di Gabriella Cinti è davvero espressione di un due originato da tempesta di fuoco cosmico.
Guardo dalla finestra la dirimpettaia, giovane amica colombiana, bella di suo, di giovinezza e di innamoramento. E penso a come Gabriella l’avrebbe vestita di grazia terrena e di Universo.
“C’è sempre un bacio all’inizio della vita” dice la scrittrice. Pensarlo, questo bacio, originato da uno scontro di cellule e dare così avvio a una storia, descritta nella sua parabola di inizio e fine,
divenuta poi un resto di organismo vivente – in questo caso Gabriella ci offre l’immagine di una conchiglia – scavato nel lago della memoria, reperto non più consegnato solo alla terra ma appartenente a un sistema stellare; forse costituito da schegge ribelli di quel bacio primordiale.
Affidandoci alla voce di Gabriella Cinti, riviviamo l’emozione dell’Amore, sempre e a qualunque età, immerso nell’esperienza universale dell’euforico caos in cui ci si inabissa ogni volta che ci innamoriamo, riuscendo anche a captarne un codice archetipo e cosmico.
E’ un testo, questo, dove sono reperibili tracce di un tutto, caotico, inebriante magma.
Bacio, labbra, mento, viso, occhi, pupille sono parole che, seppure ci ancorano a una dimensione di carnalità, si innestano in un gioco sapiente di rimandi a un altrove celeste in veste sacrale.
Il testo di Gabriella Cinti, fa parte della raccolta di poesie “Prima” – Puntoacapo editore-
Questa mia, vuole essere una visione personale interpretativa delle stanze poetiche proposte.
Esse sono rivisitate in chiave umano-universale, seguendo la rotta che dalla nostra intima natura biologica e spirituale risale all’immanenza di una stella polare, da qualche parte nel nostro firmamento.
L’AMOR CHE MOVE IL SOLE E L’ALTRE STELLE
-I-
Il governo del due
tra quark danzanti e inusitati
a celebrare il primo moto,
per onde, della materia.
Ne immagino un respiro oscillante
e vibrare per rimbalzi il coraggio dell’origine,
euforia delle cellule nell’urto primario:
c’è sempre un bacio all’inizio della vita.
Dei miei, solo uno, fossile
in conchiglia di memoria,
frammenti stellari in fuga
oltre le tue labbra.
Per furore di vita mi includo nei pluriversi,
dove fervore di carbonio prelude
alle forme espanse:
brulichio e disordine
come l’amore ardente,
nel tempo Uno del fuoco.
Solo residui di combustione mi giungono:
spossata la luce che pensa il settembre,
trapela il lungo viaggio,
un lembo soltanto, per prodigio,
tra le stelle scese sul viso
e sento la memoria dell’universo
che s’arrugiada di pioggia astrale.
Averti amato si iscrive nel caso necessario,
un ammasso siderale
addensato nel fuoco dell’Istante.
Poco importa il tempo
precipitato oltre
il fiammeggiare delle passioni.
Il mento sulla mano,
nell’ora del sole ancora concessa,
busso alla chimica del cosmo,
cerco luce di intelligenza astrale.
-II-
Vedo allora, con occhi senza pupille,
verdeggiare il prato sommerso,
la lente del mistero a brillare
semi di reazione cosmica.
Amore di clorofilla,
ambra cronomilionaria
che conservi fiori, piccoli volanti
e i sogni verdi del principio,
prigione e scrigno del mondo primo;
per me non ho astuccio d’ambra
che conservi le parole in teca trasparente,
i cristalli diamantini di un antico palpito,
il vuoto senza oro fascia
la mia infinita canzone.
-III-
Perdura tuttavia, oltre l’inerzia del nulla,
lo sguardo arrovesciato in vertigine di arché,
l’Inizio astrale dell’AMORE,
se ovunque fu sguardo di due,
occhi e molecole a specchio,
lo stesso palpito, uomo e materia.
Muove di segreta danza
imprevedibile incontro di enzimi,
selezione per errori
tra protocellule vaganti e battagliere.
Lo stesso mistero dell’umano sentire
più oscuro degli zuccheri primordiali,
a combattere la dura distanza del disamore,
quanto denso ghiaccio interstellare.
Resiste eppure il pronunciarti
in questa tempesta,
tra cadute di elettroni
o mulinelli di ioni metallici,
resiste la poesia delle ultime sillabe,
specchi di pietas il divenire del mondo,
per noi, post-sapiens,
per me, senza raggi di nominabile,
affidarsi a molecole agglutinate di suoni,
danza alchemica nostra,
dall’alba prebiotica
all’oltreparola inabissata.
Gabriella Cinti, in arte Mystis, nata a Jesi (An), italianista (dottore di ricerca), grecista, poeta, mitografa, saggista, antropologa del mondo antico, e performer anche di poesia greca antica, in varie manifestazioni artistiche o teatrali quali MYTHOS LOGOS, Lerici, 2017 e 2019, Festival di poesia “TRIESTE CASTELLO DI DUINO”, 2019.
Opere di poesia:
Suite per la parola (Péquod, Ancona, 2008), vincitrice del Premio Nabokov per la Poesia 2008,
Euridice è Orfeo, Achille e la Tartaruga, Torino, 2016,
Madre del respiro, Moretti e Vitali 2017.
La lingua del sorriso. Poema da viaggio, Prometheus edizioni, Milano, 2020, recensita da Franco Manzoni, Corriere della Sera, aprile 2020.
Sulla sua poesia il saggio di Franco Manzoni, Femminea estasi. Sulla poetica di Gabriella Cinti, Algra editore, Catania, 2018.
Saggi: Il canto di Saffo-Musicalità e pensiero mitico nei lirici greci, Moretti e Vitali, Bergamo 2010. Il saggio-ebook, Emilio Villa e l’arte dell’uomo primordiale: estetica dell’origine, (con la prefazione di Donato Di Poce), per le edizioni I Quaderni del Bardo, Lecce, 2019. All’origine del divenire. Il labirinto dei Labirinti di Emilio Villa Mimesis, Milano, 2020, recensito su Treccani.it, 2020.