Amore assoluto
di Federica Sanguigni
È il sentimento più celebrato al mondo, il più inflazionato, il più osannato, raccontato da poeti, scrittori, cantanti e dalla più comune delle persone: l’amore.
L’amore è un bene di tutti, materia inesauribile della quale scrivere e fantasticare, tema ricorrente in milioni di conversazioni, eterno sentimento che oscilla tra gioia e sofferenza. L’amore che si manifesta sotto mille forme e che spesso, troppo spesso, muore nel tempo che, inesorabilmente, passa per tutti.
È quasi utopia sentir parlare di rapporti felici e appaganti dopo anni di vita insieme. Con il trascorrere del tempo la passione si spegne, l’affetto si trasforma, i caratteri dell’una e dell’altra parte mostrano lati quasi sconosciuti, o che forse, prima, non si era voluto vedere. Prevale la noia, la stanchezza, l’abitudine, e quella strada sulla quale si camminava felicemente insieme, d’un tratto diventa tortuosa e piena di ostacoli.
“Maria Ben era quasi vecchia. Di una donna quasi vecchia, e sola, non si pensa mai che abbia potuto amare ed essere amata. […] Restammo tese verso di lei, verso la storia appassionata che senza dubbio stava per raccontare: curiose e commosse come lo si è, sempre, dovunque, dinanzi al fascino d’una storia di amore.
Ed ella cominciò, lentamente: – Sono stata felice perché mio marito mi amava ed io lo amavo. Sono ora, forse, la più infelice donna che esista, perché l’ho perduto. – “
Estrapolo questi passaggi da un racconto di Ada Negri di inizio ‘900. È trascorso più di un secolo ma lo trovo molto attuale e, quando lo lessi, mi ritrovai a fare delle considerazioni su questo tema. Anche oggi, molto di più oggi, trovare una donna che pronunci parole così appassionate e amorevoli è molto raro. Non dico impossibile, ma raro. Forse, perché, la cosa più complicata è trovare l’anima gemella? Ma esiste, in realtà, l’anima gemella? Quanto incide la fortuna, il caso, il destino in una relazione che funziona? Qual è il segreto di un rapporto felice?
“Non mi disse mai: ‘Ti amo’.
Vi sono uomini che dinanzi alla compagna della loro vita hanno il pudore di questa espressione: per loro, il pronunciarla significa profanar l’amore.”
Tanti uomini, ma sicuramente anche qualche donna, hanno difficoltà a dire “ti amo”. Se in passato questo comportamento poteva trovare risposta nella concezione che l’uomo doveva essere duro, poco affettuoso, mai debole, mi chiedo cosa impedisca oggi, a un uomo, di pronunciare queste parole. Forse ancora la concezione che non si debba cedere a sciocche romanticherie? Forse, chi non dice “ti amo” è perché non prova un vero sentimento? Conosco donne che soffrono per questa mancanza da parte dei propri partner. Altre che dichiarano apertamente che a loro non importa, perché sono i gesti che contano, non le parole. Ma in segreto, se ne dispiacciono.
“Ci nacquero due figli. Una femmina, un maschio. Belli, sani, robusti. Volli loro un gran bene, naturalmente: fui per loro una madre serena e dolce. Ma non mi furono mai, mai, nemmeno un istante, necessari alla vita. Il necessario mio compimento io l’avevo e lo tenevo in Elio. Mi avessero detto: ‘Scegli fra Elio e i bambini’ non avrei esitato un attimo a seguir lui. Anormale? No. Infine, amavo il padre de’ miei figlioli. Il mio dovere verso di loro, io l’ho compiuto. Ma egli era me. [I figli] erano della vita: non di me: eppure questa è la perenne tragedia di tante madri troppo esclusive.”
Quante donne si troveranno a inorridire davanti a queste parole? Quante madri diranno ‘i figli al primo posto. Posso rinunciare al mio uomo ma non a mio figlio’? Eppure, non credo che la protagonista del racconto non amasse i suoi figli. Trovo in lei grande coraggio e consapevolezza. La consapevolezza di sentirsi prima di tutto una donna, e poi una madre. Il coraggio di ammetterlo senza vergogna o sensi di colpa. Cosa penserebbe, oggi, la società sempre pronta a giudicare, di una donna che avesse l’ardire di esternare un simile pensiero? La società sempre pronta a giudicare le donne. Se scelgono di non avere figli, sono donne a metà. Se decidono di dedicarsi alla carriera, sono egoiste. Se vivono sole, sono strane. Se si sposano, sono complete.
Il pregiudizio è duro a morire. E anche l’amore, spesso, segue una strana sorte. Viene messo sotto la lente di ingrandimento, analizzato, violentato, classificato. Ma l’amore non può essere giudicato, tanto meno “ragionato”. L’amore è qualcosa di sovrannaturale, oserei dire. E di straordinariamente terreno. L’amore è una fabbrica che lavora incessantemente, giorno e notte, ora dopo ora. E se una parte si ferma, la catena di montaggio si inceppa. L’amore è una pianta da innaffiare ogni giorno, da concimare, curare, accudire, proteggere. A volte si fa fatica a svolgere questi compiti, ma, in fondo, è una fatica piacevole.
L’amore è esserci sempre per l’altra persona, è sentire la sua presenza anche quando non c’è più.
Senza radici sulla terra, poiché le radici sono nel cuore.
(I passi in corsivo sono tratti dal racconto “L’Assoluto” di Ada Negri, contenuto nella raccolta “Le solitarie”)
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