Stiamo vivendo un periodo storico in cui i bambini e gli adolescenti sono stati completamente ignorati ed esclusi dalla vita e dalla socialità. I loro bisogni sono inascoltati dai grandi, dai governi, da chi rappresenta l’autorità e da gran parte di quelle figure che si definiscono sapienti come i medici e gli educatori ma, mi permetto di esprimere, in maniera abbastanza diretta, che sono stati i genitori stessi a permettere che accadesse tutto ciò. Fra un pò di anni ripenseremo a questi avvenimenti, analizzando i comportamenti umani di questo periodo, com’è stato fatto dopo ogni guerra o conflitto, in particolare dopo la seconda guerra mondiale, chiedendoci a cose fatte, come abbiamo potuto permettere come genere umano di non vedere questa sofferenza, di non sentire il loro urlo silenzioso. Questo testo, nasce dall’amore per i nostri figli, dalla riscoperta e dall’assunzione di responsabilità del proprio bambino interiore, dall’amore per ciò a cui diamo la vita, dall’esperienza condivisa degli allievi al percorso esperienziale formativo di Rappresentazioni sistemiche Metodo Jan, ponendoci la seguente domanda:
Quali sono i diritti inalienabili dei bambini in una visione olistica e fisiologica dell’essere umano e di conseguenza, i doveri imprescindibili a cui ogni genitore dovrebbe almeno tentare di ambire?
Per riconoscere tutto questo, ho chiesto agli allievi di essere parte attiva di questo progetto, ascoltando dentro di loro, da adulti, quei diritti che solo ora, dopo un profondo percorso di crescita interiore, possono riconoscere come fondamenta di un essere armonioso, gioioso e felice.
Buona lettura e ti invito a ri-cordare dentro di te tutto questo e, se ti risuona, parlane con chi ti è vicino, discuti e sviscera queste tematiche e, se vuoi, condividi pure questo testo con tutta l’umanità. Se riportassimo il focus dell’esistenza umana sul benessere del bambino, sicuramente nascerebbe un mondo migliore. Grazie
Lettera di un bambino e di una bambina qualunque
Cara mamma e caro papà,
la mia anima vi ha scelto, siete i genitori perfetti per me e per la mia evoluzione e io sono il figlio perfetto per voi.
Non sono qui per insegnarvi qualcosa, io sono il piccolo e dovrei rilassarmi in questo.
Quella che si esprime qui, in questo contesto, è la voce di un gruppo di grandi e adulti, come voi, che però ha scelto di ricordare, per aiutarmi a dare più spessore e forza alla mia piccola voce, spesso non ascoltata. Con quella voce voglio solo aiutare te mamma e te papà, a ricordare.
Il mio primo diritto, se per concepirmi avete chiesto aiuto ai dottori, è di sapere a chi appartengono i miei geni, da dove proviene l’uovo o il seme che mi hanno generato; ho diritto di conoscere la storia del mio sangue e della biologia del mio corpo. Se questo non può accadere, almeno abbiate l’attenzione di elaborare dentro di voi, il vostro dolore per non essere riusciti a concepirmi come avreste desiderato, avendo la capacità di aprire il vostro cuore anche a quei donatori, perché anche loro sono dentro di me, attraverso la vita che mi hanno dato.
Non sono solo vostro e io lo sento.
Cara mamma, comprendo il tuo diritto al lavoro, alla carriera, al tuo bisogno di avere un posto nel mondo, allo stesso tempo, io che cresco nel tuo grembo, ho diritto di sentire che il tuo cuore batte con naturale regolarità, che mi dona il giusto ritmo della vita, un ritmo che poi mi farà danzare invece che correre. Ho tanto bisogno di sentire che i tuoi pensieri sono liberi da ansie e preoccupazioni perché poi diventano ormoni e mi arrivano come nutrimento, attraverso la placenta e il cordone ombelicale e mi intossicano. Mi contraggo nel mio piccolo corpo, se sento gridare o se tu stessa hai paura, perché mi arrivano delle scariche che mi spaventano tanto e se non mi sento al sicuro in quella casa, IL TUO UTERO, non sarò mai tranquillo da nessun’altra parte. Ho anche tanto bisogno di sentire che mi parli e che rivolgi spesso l’attenzione verso di me, come se esistessi già, perché questo mi rende reale ogni giorno di più.
Se tu sarai serena e riposata mamma in quei nove mesi, molto probabilmente sarò io a dare il segnale che sono pronto a nascere quando i miei polmoni saranno perfettamente pronti. Insieme, abbiamo il diritto di scegliere uno spazio dove nascere entrambi, tu come madre, io come figlio e che sia intimo, protetto, silenzioso, con luci soffuse, in cui ci viene lasciato il tempo di entrare in sintonia, di comunicare tra noi, di spingere in collaborazione, senza interferenze e giudizi, perché il nostro istinto, mamma, sa cosa fare. E’ già lì che io imparo a conquistarmi i traguardi.
Dopo tutta quella fatica ho bisogno di sentire il tuo odore mamma, di annusarti, di strofinarmi sulla tua pelle e di assorbire il tuo microbiota, così il mio sistema nervoso si rilassa e io conosco i primi microbi, ma essendo tuoi, sono quelli amici, quelli che fanno tanto bene al mio sistema immunitario. E mentre facciamo insieme questa esperienza mamma, ho tutto il diritto di ricevere il sangue delle mie cellule staminali che si trovano nella placenta e sono disponibili per me. E’ il mio sangue e per me è prezioso.
Ricordo anche agli altri adulti presenti alla mia nascita che non sono un protocollo, un numero, uno dei tanti; sono unico anche nel mio corpo e nella mia anima che si sta incarnando in quel momento e il vostro lavoro è sacro. Ho diritto di essere salvaguardato da trattamenti sanitari invasivi, perché venga rispettato il mio individuale e specifico quadro sanitario.
Se mai il mio destino fosse quello di non vivere dopo la nascita, ho il diritto di morire e non di rimanere attaccato ai tubi delle vostre aspettative, dei vostri vuoti e del vostro dolore.
Quando torneremo a casa, se non sono nato lì, ti chiedo papà di aiutare la mamma, sia io che lei siamo tanto stanchi e dobbiamo conoscerci. Abbiamo bisogno di te e che tu protegga il nostro spazio da troppi sguardi indiscreti, dalla curiosità dei nonni e degli amici. Loro possono aspettare, io e la mamma no, abbiamo immediatamente diritto al nostro tempo, dopo sarà troppo tardi. Per sentire di esistere fuori dalla pancia, ho tanto bisogno mamma, che tu mi guardi in maniera presente ed esclusiva, che l’amore passi attraverso i tuoi occhi, altrimenti mi ritiro e sparisco. Ho anche creduto, che tu fossi stanca e arrabbiata per colpa mia e per non darti fastidio ho rinunciato al mio posto di figlio, non mi sono incarnato del tutto; ha fatto tanto male quella tristezza nei miei polmoni. E da grande, mi verrà naturale nascondermi al mondo.
Invece i grandi che mi stanno aiutando a scrivere queste parole, quei grandi che vogliono ricordare, mi hanno fatto comprendere che non dipendeva da me, ma che da tanto tempo hanno convinto le mamme come te, di non essere importanti nel ciclo della vita e siete tristi anche voi di non essere viste nel mondo per il vostro grande ruolo. Forse mamma possiamo guarire insieme, perché anche se il mondo non riconosce il tuo ruolo, tu sei la mia ragione di vita e ho bisogno di te.
Ho anche il diritto di tornare a sentire spesso il tuo cuore mamma, appoggiato al tuo petto, lì mi rilasso perché mi fa ricordare casa. Non è un capriccio, sono estremamente piccolo e indifeso e quando mi porti in spazi dove c’è tanta gente, staccato da te, ho paura perché le loro emozioni mi entrano dentro ed è troppo per me. E’ in questi casi che ho estremamente bisogno di sentirti leonessa, collegata ai tuoi istinti di preservazione, perché anche quello è amore, riconoscendo prima di tutto i miei bisogni di neonato, tutto il resto va in secondo piano. Se mi permetti di stare in fascia, attaccato a te come tutti i cuccioli, perché è questo che sono, ti posso sentire con tutti i sensi e questo mi rilassa: non ho più paura.
Se è possibile mamma, preferisco il tuo latte ed è ancora più buono quando sei felice, sorridi e vedo i tuoi occhi sempre lì presenti a riconoscermi. Se mi dai il latte che sei arrabbiata, tesa o con i pensieri da un altra parte, la mia pancia lo sente, lo rifiuta a modo suo e il mio corpo inizierà a credere di non meritare il tuo amore e quel nutrimento; da grande avrò tanti problemi col cibo e non potrò sviluppare il senso di meritare l’abbondanza.
Ho diritto e mi farà crescere sicuro, stare con te, almeno per i primi nove mesi, se puoi anche di più. Nove mesi dentro e nove mesi fuori con te per conoscerci realmente.
Ho tutto il diritto di piangere, le mie lacrime sono sacre, perché solo così posso esprimere i miei bisogni fisiologici. Se sento che ti irrita mamma, rinuncerò a quei bisogni e anche alla mia voce.
Non mi spingete a fare le cose prima del tempo, inizierò a prendere gli oggetti, a sollevarmi, a gattonare, a camminare quando sarò pronto e mi sento sicuro di farlo. Ho il mio tempo in questo, sono unico e speciale: non sono una vostra prestazione. E lasciatemi sorridere spontaneamente, non per fare felici voi o i nonni, altrimenti imparerò che devo sorridere anche quando sono triste, nel timore che voi non mi amiate, se non lo faccio.
Anche quando inizierò a parlare, avrò bisogno del mio tempo. Mi aiuterà molto, se quando voi mi parlate, che lo facciate lentamente, guardandomi con presenza, sillabando in maniera corretta e non storpiando i suoni, ma usando parole semplici, reali, concrete, attinenti alla realtà che mi circonda. Le vostre parole mi entrano e sono tanto importanti per me e se mi prendete in giro, ironizzate o mi giudicate, la mia voce si blocca, inizio a trattenere, convinto di non andare bene per voi. L’ironia è un linguaggio che io piccolo, non sono in grado di comprendere. E se mi mentite io lo sento, per me è più facile riconoscere il linguaggio del vostro corpo, piuttosto che la vostra voce. Ho diritto alla vostra coerenza, per crescere tutto attaccato dentro, fidandomi del mio istinto e di voi.
Ho il diritto di iniziare a camminare liberamente e il vostro dovere è essere responsabili delle vostra paure e ansie. Quando mi alzerò sulle mie gambe non dimenticate che traguardo importante è per me. Se sento che avete paura quando cammino, divento rigido nei muscoli, impacciato nei movimenti, le mie anche vorranno andare avanti ma si bloccheranno in una contrazione interna. Ho il baricentro basso, non mi faccio male se cado e anche se fosse, è così che imparo. Lasciatemi la dignità di cadere e rialzarmi da solo, così saprò farlo da grande di fronte alle avversità della vita e mi permetterà di diventare autonomo.
Ho il diritto di fare esperienza di questo mondo tridimensionale, fatto di odori, luci, rumori, gusti e forme. Lasciate che mi sporchi, che mi bagni, che sia libero di sviluppare il senso del tatto con le mie manine esplorando consistenze diverse. Così imparo anche con il corpo di essere parte della realtà, se invece, mi chiedete di restare immobile o mi date un tablet o un cellulare per tenermi occupato e non disturbarvi, mi estraneo, me ne vado e poi per sentirmi nel corpo, dovrò farmi del male e sarà l’unico modo che avrò per percepirmi vivo.
Se sono venuti a mancare tutti i punti prima, sarà naturale che io sia pieno di frustrazione e l’unico modo che avrò di sfogare tutta quella intensità trattenuta, sarà attraverso la mia rabbia. Ho diritto alla mia rabbia e non chiedetemi di non sentirla, di ingoiarla, di gestirla, aiutatemi in maniera presente a sfogarla. Portatemi in un posto dove io possa urlare, magari lo facciamo insieme, vi aiuta anche voi, mamma e papà, e se inizio a spaccare gli oggetti è perché nelle mie mani c’è tanta intensità; forse non sapete che le mani sono un estensione del cuore e se ho tante emozioni dentro che non riesco ad esprimere, mi sembra di esplodere. Facciamo insieme una battaglia con i cuscini, permettimi di prendere a pugni il materasso, lavoriamo insieme la terra, mi aiuta tanto a scaricare. Non sono cattivo, non ditemi questo, perché mi uccide dentro; essere arrabbiato non significa non essere educato.
Se non accettate la mia rabbia, ma anzi, mi proiettate la vostra rabbia non espressa da piccoli, mi convincerò di essere sbagliato, di essere un mostro dentro e cercherò di nasconderlo in ogni modo e da grande potrei fare del male a qualcuno o a me stesso.
Ho diritto alla vostra fiducia, come ho io il diritto di potermi fidare di voi e di conseguenza della vita che mi avete dato.
Ho diritto all’intimità del mio corpo, di toccarlo, di sperimentare i miei primi approcci e di poter conoscere la mia sessualità che non è la vostra sessualità.
Se in questa famiglia, potrò sperimentare la compagnia di fratelli e sorelle, indipendentemente che sia io il maggiore o il più piccolo, è mio diritto essere libero di amarli come fratelli e sorelle, non dovendo farmi carico di loro o loro di me per i vostri vuoti; voi siete i grandi, noi tutti figli.
Mi permetterò di vivere da grande l’amore in coppia perché avrò fatto esperienza del vostro amore, tra di voi, mamma e papà. Vedervi complici, sentire parole d’amore e anche ridere. Si, ridere spesso, ridere a crepapelle insieme, di pancia, come sappiamo fare bene noi bambini. Respirare in casa rispetto e comunicazione mi renderà aperto alla relazione, al confronto, senza temere di morire se mi fido o mi affido a qualcuno.
Ho diritto alla socialità, a rapportarmi con altri bambini come me, di poter fare insieme esperienze: abbracciarci, volerci bene, cantare, ballare, scoprire la bellezza dell’arte in ogni sua forma. Ho il diritto anche di annoiarmi, di non fare nulla e solo contemplare la nuvola che passa in cielo o il bruco sulla foglia. E’ lì che posso comprendere il valore del silenzio e di non avere paura del vuoto.
Quando andrò a scuola, ricordatevi che a scuola ci sono io, con i miei tempi, le mie capacità, i miei bisogni; voi a scuola ci siete già andati, non paragonatemi alla vostra storia o ai miei compagni. Ho diritto alla mia unicità e al mio tempo di apprendimento, ho il diritto di vivere una classe i cui numeri siano contenuti, in cui ogni bambino venga visto e accolto con le sue specialità e difficoltà.
Io sono già pieno di passione e stupore, è naturale per un bambino, aiutatemi a mantenerla dentro di me, permettendomi di studiare ciò che mi appassiona e quando verrà il giorno che esprimerò le mie prime domande spirituali o religiose, ho il diritto di aprirmi a più versioni, per sentire quale mi appartiene, indipendentemente dal vostro credo.
Ho diritto a degli educatori coerenti, presenti, appassionati e che abbiano sviluppato una profonda responsabilità emotiva, in modo che non mi scarichino addosso le loro frustrazioni e le loro proiezioni.
Caro papà, ora mi rivolgo espressamente a te. Crescendo, esplorando ed allargando sempre di più il mio orizzonte, che io sia un maschio o femmina, ho bisogno di sentire la tua presenza, la tua forza, ho il diritto di sentire che ci sono dei confini, dei limiti invalicabili, altrimenti mi sento perso. Non vergognarti della tua forza, ne ho bisogno per sentirmi al sicuro nel mondo.
Ho il diritto di scoprire che esiste anche la morte, che esiste il male, che esiste il lato oscuro dentro ognuno di noi e nel mondo; posso starci di fronte, nella misura in cui voi accettate tutto questo da adulti.
E posso vivere pienamente ciò che sono, nella misura in cui, tu grande, tu adulto, accetti la morte e se sento che saresti disposto a morire per il mio bene, conoscerò il senso profondo della parola CORAGGIO e sarò tanto fiero di essere vostro figlio!
Voi andate verso il tramonto, io rappresento l’alba….
Lasciami essere alba, ad ognuno il suo TEMPO!!
Con il contributo degli allievi del percorso formativo esperienziale
Rappresentazioni sistemiche Metodo Jan
Nadia Fileccia – Claudia Cominato – Franco Ferracin – Claudia Di Bin – Paola Patat – Laura Cividino – Alessia Zanon – Alessia Varutti – Marica Nodale – Laura S. – Giuditta Freno –
Sara De Lorenzo – Maura M. – Emanuela Zambotto – Marco M. – Eleonora C. – Francesca M. Federica Del Col – Anna Martin – Maddalena Santin
Lettera di un bambino e di una bambina qualunque
Cara mamma e caro papà,
la mia anima vi ha scelto, siete i genitori perfetti per me e per la mia evoluzione e io sono il figlio perfetto per voi.
Non sono qui per insegnarvi qualcosa, io sono il piccolo e dovrei rilassarmi in questo.
Quella che si esprime qui, in questo contesto, è la voce di un gruppo di grandi e adulti, come voi, che però ha scelto di ricordare, per aiutarmi a dare più spessore e forza alla mia piccola voce, spesso non ascoltata. Con quella voce voglio solo aiutare te mamma e te papà, a ricordare.
Il mio primo diritto, se per concepirmi avete chiesto aiuto ai dottori, è di sapere a chi appartengono i miei geni, da dove proviene l’uovo o il seme che mi hanno generato; ho diritto di conoscere la storia del mio sangue e della biologia del mio corpo. Se questo non può accadere, almeno abbiate l’attenzione di elaborare dentro di voi, il vostro dolore per non essere riusciti a concepirmi come avreste desiderato, avendo la capacità di aprire il vostro cuore anche a quei donatori, perché anche loro sono dentro di me, attraverso la vita che mi hanno dato.
Non sono solo vostro e io lo sento.
Cara mamma, comprendo il tuo diritto al lavoro, alla carriera, al tuo bisogno di avere un posto nel mondo, allo stesso tempo, io che cresco nel tuo grembo, ho diritto di sentire che il tuo cuore batte con naturale regolarità, che mi dona il giusto ritmo della vita, un ritmo che poi mi farà danzare invece che correre. Ho tanto bisogno di sentire che i tuoi pensieri sono liberi da ansie e preoccupazioni perché poi diventano ormoni e mi arrivano come nutrimento, attraverso la placenta e il cordone ombelicale e mi intossicano. Mi contraggo nel mio piccolo corpo, se sento gridare o se tu stessa hai paura, perché mi arrivano delle scariche che mi spaventano tanto e se non mi sento al sicuro in quella casa, IL TUO UTERO, non sarò mai tranquillo da nessun’altra parte. Ho anche tanto bisogno di sentire che mi parli e che rivolgi spesso l’attenzione verso di me, come se esistessi già, perché questo mi rende reale ogni giorno di più.
Se tu sarai serena e riposata mamma in quei nove mesi, molto probabilmente sarò io a dare il segnale che sono pronto a nascere quando i miei polmoni saranno perfettamente pronti. Insieme, abbiamo il diritto di scegliere uno spazio dove nascere entrambi, tu come madre, io come figlio e che sia intimo, protetto, silenzioso, con luci soffuse, in cui ci viene lasciato il tempo di entrare in sintonia, di comunicare tra noi, di spingere in collaborazione, senza interferenze e giudizi, perché il nostro istinto, mamma, sa cosa fare. E’ già lì che io imparo a conquistarmi i traguardi.
Dopo tutta quella fatica ho bisogno di sentire il tuo odore mamma, di annusarti, di strofinarmi sulla tua pelle e di assorbire il tuo microbiota, così il mio sistema nervoso si rilassa e io conosco i primi microbi, ma essendo tuoi, sono quelli amici, quelli che fanno tanto bene al mio sistema immunitario. E mentre facciamo insieme questa esperienza mamma, ho tutto il diritto di ricevere il sangue delle mie cellule staminali che si trovano nella placenta e sono disponibili per me. E’ il mio sangue e per me è prezioso.
Ricordo anche agli altri adulti presenti alla mia nascita che non sono un protocollo, un numero, uno dei tanti; sono unico anche nel mio corpo e nella mia anima che si sta incarnando in quel momento e il vostro lavoro è sacro. Ho diritto di essere salvaguardato da trattamenti sanitari invasivi, perché venga rispettato il mio individuale e specifico quadro sanitario.
Se mai il mio destino fosse quello di non vivere dopo la nascita, ho il diritto di morire e non di rimanere attaccato ai tubi delle vostre aspettative, dei vostri vuoti e del vostro dolore.
Quando torneremo a casa, se non sono nato lì, ti chiedo papà di aiutare la mamma, sia io che lei siamo tanto stanchi e dobbiamo conoscerci. Abbiamo bisogno di te e che tu protegga il nostro spazio da troppi sguardi indiscreti, dalla curiosità dei nonni e degli amici. Loro possono aspettare, io e la mamma no, abbiamo immediatamente diritto al nostro tempo, dopo sarà troppo tardi. Per sentire di esistere fuori dalla pancia, ho tanto bisogno mamma, che tu mi guardi in maniera presente ed esclusiva, che l’amore passi attraverso i tuoi occhi, altrimenti mi ritiro e sparisco. Ho anche creduto, che tu fossi stanca e arrabbiata per colpa mia e per non darti fastidio ho rinunciato al mio posto di figlio, non mi sono incarnato del tutto; ha fatto tanto male quella tristezza nei miei polmoni. E da grande, mi verrà naturale nascondermi al mondo.
Invece i grandi che mi stanno aiutando a scrivere queste parole, quei grandi che vogliono ricordare, mi hanno fatto comprendere che non dipendeva da me, ma che da tanto tempo hanno convinto le mamme come te, di non essere importanti nel ciclo della vita e siete tristi anche voi di non essere viste nel mondo per il vostro grande ruolo. Forse mamma possiamo guarire insieme, perché anche se il mondo non riconosce il tuo ruolo, tu sei la mia ragione di vita e ho bisogno di te.
Ho anche il diritto di tornare a sentire spesso il tuo cuore mamma, appoggiato al tuo petto, lì mi rilasso perché mi fa ricordare casa. Non è un capriccio, sono estremamente piccolo e indifeso e quando mi porti in spazi dove c’è tanta gente, staccato da te, ho paura perché le loro emozioni mi entrano dentro ed è troppo per me. E’ in questi casi che ho estremamente bisogno di sentirti leonessa, collegata ai tuoi istinti di preservazione, perché anche quello è amore, riconoscendo prima di tutto i miei bisogni di neonato, tutto il resto va in secondo piano. Se mi permetti di stare in fascia, attaccato a te come tutti i cuccioli, perché è questo che sono, ti posso sentire con tutti i sensi e questo mi rilassa: non ho più paura.
Se è possibile mamma, preferisco il tuo latte ed è ancora più buono quando sei felice, sorridi e vedo i tuoi occhi sempre lì presenti a riconoscermi. Se mi dai il latte che sei arrabbiata, tesa o con i pensieri da un altra parte, la mia pancia lo sente, lo rifiuta a modo suo e il mio corpo inizierà a credere di non meritare il tuo amore e quel nutrimento; da grande avrò tanti problemi col cibo e non potrò sviluppare il senso di meritare l’abbondanza.
Ho diritto e mi farà crescere sicuro, stare con te, almeno per i primi nove mesi, se puoi anche di più. Nove mesi dentro e nove mesi fuori con te per conoscerci realmente.
Ho tutto il diritto di piangere, le mie lacrime sono sacre, perché solo così posso esprimere i miei bisogni fisiologici. Se sento che ti irrita mamma, rinuncerò a quei bisogni e anche alla mia voce.
Non mi spingete a fare le cose prima del tempo, inizierò a prendere gli oggetti, a sollevarmi, a gattonare, a camminare quando sarò pronto e mi sento sicuro di farlo. Ho il mio tempo in questo, sono unico e speciale: non sono una vostra prestazione. E lasciatemi sorridere spontaneamente, non per fare felici voi o i nonni, altrimenti imparerò che devo sorridere anche quando sono triste, nel timore che voi non mi amiate, se non lo faccio.
Anche quando inizierò a parlare, avrò bisogno del mio tempo. Mi aiuterà molto, se quando voi mi parlate, che lo facciate lentamente, guardandomi con presenza, sillabando in maniera corretta e non storpiando i suoni, ma usando parole semplici, reali, concrete, attinenti alla realtà che mi circonda. Le vostre parole mi entrano e sono tanto importanti per me e se mi prendete in giro, ironizzate o mi giudicate, la mia voce si blocca, inizio a trattenere, convinto di non andare bene per voi. L’ironia è un linguaggio che io piccolo, non sono in grado di comprendere. E se mi mentite io lo sento, per me è più facile riconoscere il linguaggio del vostro corpo, piuttosto che la vostra voce. Ho diritto alla vostra coerenza, per crescere tutto attaccato dentro, fidandomi del mio istinto e di voi.
Ho il diritto di iniziare a camminare liberamente e il vostro dovere è essere responsabili delle vostra paure e ansie. Quando mi alzerò sulle mie gambe non dimenticate che traguardo importante è per me. Se sento che avete paura quando cammino, divento rigido nei muscoli, impacciato nei movimenti, le mie anche vorranno andare avanti ma si bloccheranno in una contrazione interna. Ho il baricentro basso, non mi faccio male se cado e anche se fosse, è così che imparo. Lasciatemi la dignità di cadere e rialzarmi da solo, così saprò farlo da grande di fronte alle avversità della vita e mi permetterà di diventare autonomo.
Ho il diritto di fare esperienza di questo mondo tridimensionale, fatto di odori, luci, rumori, gusti e forme. Lasciate che mi sporchi, che mi bagni, che sia libero di sviluppare il senso del tatto con le mie manine esplorando consistenze diverse. Così imparo anche con il corpo di essere parte della realtà, se invece, mi chiedete di restare immobile o mi date un tablet o un cellulare per tenermi occupato e non disturbarvi, mi estraneo, me ne vado e poi per sentirmi nel corpo, dovrò farmi del male e sarà l’unico modo che avrò per percepirmi vivo.
Se sono venuti a mancare tutti i punti prima, sarà naturale che io sia pieno di frustrazione e l’unico modo che avrò di sfogare tutta quella intensità trattenuta, sarà attraverso la mia rabbia. Ho diritto alla mia rabbia e non chiedetemi di non sentirla, di ingoiarla, di gestirla, aiutatemi in maniera presente a sfogarla. Portatemi in un posto dove io possa urlare, magari lo facciamo insieme, vi aiuta anche voi, mamma e papà, e se inizio a spaccare gli oggetti è perché nelle mie mani c’è tanta intensità; forse non sapete che le mani sono un estensione del cuore e se ho tante emozioni dentro che non riesco ad esprimere, mi sembra di esplodere. Facciamo insieme una battaglia con i cuscini, permettimi di prendere a pugni il materasso, lavoriamo insieme la terra, mi aiuta tanto a scaricare. Non sono cattivo, non ditemi questo, perché mi uccide dentro; essere arrabbiato non significa non essere educato.
Se non accettate la mia rabbia, ma anzi, mi proiettate la vostra rabbia non espressa da piccoli, mi convincerò di essere sbagliato, di essere un mostro dentro e cercherò di nasconderlo in ogni modo e da grande potrei fare del male a qualcuno o a me stesso.
Ho diritto alla vostra fiducia, come ho io il diritto di potermi fidare di voi e di conseguenza della vita che mi avete dato.
Ho diritto all’intimità del mio corpo, di toccarlo, di sperimentare i miei primi approcci e di poter conoscere la mia sessualità che non è la vostra sessualità.
Se in questa famiglia, potrò sperimentare la compagnia di fratelli e sorelle, indipendentemente che sia io il maggiore o il più piccolo, è mio diritto essere libero di amarli come fratelli e sorelle, non dovendo farmi carico di loro o loro di me per i vostri vuoti; voi siete i grandi, noi tutti figli.
Mi permetterò di vivere da grande l’amore in coppia perché avrò fatto esperienza del vostro amore, tra di voi, mamma e papà. Vedervi complici, sentire parole d’amore e anche ridere. Si, ridere spesso, ridere a crepapelle insieme, di pancia, come sappiamo fare bene noi bambini. Respirare in casa rispetto e comunicazione mi renderà aperto alla relazione, al confronto, senza temere di morire se mi fido o mi affido a qualcuno.
Ho diritto alla socialità, a rapportarmi con altri bambini come me, di poter fare insieme esperienze: abbracciarci, volerci bene, cantare, ballare, scoprire la bellezza dell’arte in ogni sua forma. Ho il diritto anche di annoiarmi, di non fare nulla e solo contemplare la nuvola che passa in cielo o il bruco sulla foglia. E’ lì che posso comprendere il valore del silenzio e di non avere paura del vuoto.
Quando andrò a scuola, ricordatevi che a scuola ci sono io, con i miei tempi, le mie capacità, i miei bisogni; voi a scuola ci siete già andati, non paragonatemi alla vostra storia o ai miei compagni. Ho diritto alla mia unicità e al mio tempo di apprendimento, ho il diritto di vivere una classe i cui numeri siano contenuti, in cui ogni bambino venga visto e accolto con le sue specialità e difficoltà.
Io sono già pieno di passione e stupore, è naturale per un bambino, aiutatemi a mantenerla dentro di me, permettendomi di studiare ciò che mi appassiona e quando verrà il giorno che esprimerò le mie prime domande spirituali o religiose, ho il diritto di aprirmi a più versioni, per sentire quale mi appartiene, indipendentemente dal vostro credo.
Ho diritto a degli educatori coerenti, presenti, appassionati e che abbiano sviluppato una profonda responsabilità emotiva, in modo che non mi scarichino addosso le loro frustrazioni e le loro proiezioni.
Caro papà, ora mi rivolgo espressamente a te. Crescendo, esplorando ed allargando sempre di più il mio orizzonte, che io sia un maschio o femmina, ho bisogno di sentire la tua presenza, la tua forza, ho il diritto di sentire che ci sono dei confini, dei limiti invalicabili, altrimenti mi sento perso. Non vergognarti della tua forza, ne ho bisogno per sentirmi al sicuro nel mondo.
Ho il diritto di scoprire che esiste anche la morte, che esiste il male, che esiste il lato oscuro dentro ognuno di noi e nel mondo; posso starci di fronte, nella misura in cui voi accettate tutto questo da adulti.
E posso vivere pienamente ciò che sono, nella misura in cui, tu grande, tu adulto, accetti la morte e se sento che saresti disposto a morire per il mio bene, conoscerò il senso profondo della parola CORAGGIO e sarò tanto fiero di essere vostro figlio!
Voi andate verso il tramonto, io rappresento l’alba….
Lasciami essere alba, ad ognuno il suo TEMPO!!
Janine Van Der Merwe
Con il contributo degli allievi del percorso formativo esperienziale
Rappresentazioni sistemiche Metodo Jan
Nadia Fileccia – Claudia Cominato – Franco Ferracin – Claudia Di Bin – Paola Patat – Laura Cividino – Alessia Zanon – Alessia Varutti – Marica Nodale – Laura S. – Giuditta Freno –
Sara De Lorenzo – Maura M. – Emanuela Zambotto – Marco M. – Eleonora C. – Francesca M. Federica Del Col – Anna Martin – Maddalena Santin